Il leader del Ppe, Manfred Weber (Ansa)

a Bruxelles

Il terremoto sull'ambiente del Ppe che l'Italia non ha ancora capito

Chicco Testa

Il documento firmato dai Popolari europei è destinato a cambiare profondamente la fisionomia dell’Unione Europea: “L’eccessiva regolazione e la burocrazia sono le ragioni chiave per la perdita di produttività che ci colloca ben dietro gli Usa e la Cina”. Ma è la parte sull’energia e sul green deal la più dirompente

Il documento reso pubblico nei giorni scorsi firmato dai Popolari europei è destinato a cambiare profondamente la fisionomia dell’Unione Europea cosi come la abbiamo conosciuta negli ultimi 5 anni. E’ appena il caso di ricordare che i Popolari sono il gruppo più numeroso e vero baricentro sia del Parlamento sia della cosiddetta maggioranza Ursula. Che probabilmente non esiste più, nonostante la recente riconferma della presidente. Il documento assume come punto di vista decisivo la perdita di competitività dell’Europa. Cita il rapporto Draghi e dopo i riconoscimenti d’ufficio al passato (e alla presidente che dei Popolari fa parte) chiede un drastico cambio di rotta. E non le manda a dire. “L’eccessiva regolazione e la burocrazia sono le ragioni chiave per la perdita di produttività che ci colloca ben dietro gli USA e la Cina”. E il lavoro da fare di revisione e semplificazione deve rivolgersi in ogni direzione. Dall’industria, allo sviluppo dell’IA, all’agricoltura, alla forestazione. Mettendo in stand by nuove misure previste o abolendone del tutto alcune. Quali gli obblighi di reportistica sulla sostenibilità aziendale. La UE, dice il documento, dovrebbe concentrarsi solo sulle questioni più importanti anziché “regolamentare ogni aspetto della vita delle persone”. Una drastica autocritica rispetto al passato. Bisogna porre fine alla sovraregolazione uniformando le legislazioni nazionali. Bisogna creare un mercato unico per gli armamenti con procedure di acquisto più semplici.

Ma è la parte sull’energia e sul green deal la più dirompente. Stop a ulteriori tassazioni come il meccanismo di controllo del carbonio alle frontiere, di fatto un dazio sulle importazioni, stop alla direttiva sull’adeguamento ecologico degli edifici. “Dobbiamo assicurarci che i target climatici ambiziosi non conducano alla deindustrializzazione”. Quindi ripristino completo del principio della neutralità tecnologica, abolizione dei target obbligatori per le rinnovabili, lasciando libero ogni stato di usare le tecnologie che preferisce, e quindi reintroduzione di tecnologie come il nucleare, i biocombustibli e lo stoccaggio del carbonio. Insomma una rivoluzione. Infine ciliegina sulla torta la richiesta di sospendere le multe per il settore automobilistico nel caso di sforamento degli obbiettivi di emissione 2025 e la richiesta di proposte per mantenere la competitività dell’industria automobilistica europea. Preannuncio di una revisione del bando dei motori termici al 2035? Le cause di una svolta cosi radicale? Successo elettorale delle destre europee, prossime elezioni tedesche, Trump le cui politiche rischiano di allargare il gap competitivo con l’ Europa. Di fatto la maggioranza Ursula che ha nel green deal uno dei principali collanti non esiste più. Vedremo come reagirà il Pse ma Teresa Ribera, Commissario al green deal e socialista spagnola, c’è da scommettere che dichiarerà guerra. Sbagliando perché le proposte dei Popolari sono improntate a realismo e buon senso dopo l’ ubriacatura degli anni di Timmermans. 

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