Divari industriali
L'Europa nella trappola mid-tech
L’Ue ristagna rispetto un’America in cui le imprese sono leader in software, computer, farmaceutica, biotecnologie. Pesano i bassi investimenti in ricerca e sviluppo, oltre a politiche per l'innovazione ancora troppo frammentate a livello nazionale
L’insediamento di Donald Trump accresce la prospettiva di un maggiore protezionismo, di un rallentamento della transizione energetica, di un aumento della competizione tecnologica e dello sfruttamento dello spazio. Di fronte a un’America più mercantilista, l’Europa appare insicura, afflitta da dubbi esistenziali. Da molti anni l’Europa accumula un ritardo di crescita rispetto agli Stati Uniti. Nel 2023 in media un lavoratore americano ha prodotto un output pari a 171 mila dollari, nell’Area dell’euro (a parità di potere d’acquisto) un lavoratore ha prodotto 120 mila dollari. Dal 1990 la produttività del lavoro è aumentata del 70 per cento negli Usa contro il 29 per cento in Europa. E il gap rimane anche se consideriamo l’output per ora lavorata: +73 per cento per i lavoratori americani dal 1990 contro +39 per cento nell’Area dell’euro. La migliore performance americana è dovuta sicuramente ai maggiori investimenti in capitale: fisico e intangibile. E questa seconda componente è quella che fa la differenza.
Gli Stati Uniti sono il paese che più investe in ricerca e sviluppo al mondo, a parte Israele e la Corea del Sud: circa il 3,5 per cento del pil contro il 2,2 in Europa. E’ fallita la Strategia di Lisbona che poneva come obiettivo il 3 per cento del pil. Il divario con l’America è significativo soprattutto per quanto riguarda la spesa in R&S dei privati: l’1,2 per cento del pil nell’Ue contro il 2,3 per cento negli Usa. Buona parte delle imprese europee che fanno ricerca e innovazione è specializzata in settori a media-tecnologia: automotive, meccanica, chimica, telecomunicazioni. In Europa il 45 per cento della spesa in R&D è sull’high tech e il 45 per cento sul medium-tech. Le imprese americane sono leader in software, computer, farmaceutica, biotecnologie. L’high-tech nel complesso costituisce l’85 per cento della spesa in R&D negli Usa. L’Europa investe meno soldi e li spende in settori non di frontiera tecnologica.
Il modello sociale europeo si è consolidato attorno alla manifattura mid-tech. Pensiamo al prodigioso sistema tedesco della formazione professionale tutto incentrato attorno all’innovazione incrementale per migliorare continuamente la qualità dei prodotti e posizionarli nelle fasce alte dei mercati. Innovazione di processo, quindi. Molto scarsa invece la capacità di generare innovazione radicale, di rottura tecnologica e innovazione di prodotto. Negli ultimi venti anni, la Germania e l’Europa non sono stati capaci di introdurre neanche uno dei prodotti di quella che è l’economia digitale e delle piattaforme. Il sistema mid-tech è per sua natura un modello complementare al bancocentrismo finanziario europeo. Non serve l’equity per fare l’innovazione incrementale. Non è semplice trasformare un modello sociale-industriale che è fondato sul consolidamento delle imprese esistenti piuttosto che sulla dinamica della nascita di nuove imprese e di nuovi settori.
In secondo luogo, le politiche per l’innovazione in Europa sono ancora troppo frammentate a livello nazionale. Le risorse dell’Ue, d’altro lato, sono spesso orientate verso la ricerca applicata e seguono logiche burocratiche. Dal suo lancio nel 2007, l’European Research Council (Erc) è forse lo strumento più dinamico nell’ambito del Programma Horizon Europe. L’Erc premia l’eccellenza scientifica grazie a processi di valutazione e selezione meritocratici; ha una governance nelle mani di scienziati di altro profilo e favorisce progetti promettenti alla frontiera della ricerca. Più del 40 per cento dei progetti di ricerca finanziati dall’Erc si è tradotto in citazioni in brevetti e il 70 per cento di queste citazioni è in settori high-tech. Molte start-up sono nate dalla ricerca finanziata dall’Erc. Questo ci dice che le università e i laboratori europei sono in grado di produrre ricerca di qualità. Il problema è che la ricerca finanziata dall’Erc è una frazione molto piccola di tutta la ricerca europea.
Il terzo punto, uno dei più importanti, è lo scarso sviluppo della finanza per l’innovazione. Non esiste un vero mercato del venture capital e mancano tutta una serie di soggetti in grado di sostenere la trasformazione della ricerca in opportunità di business (marketable innovation).
Serve un’azione di cambiamento quindi su sistema della ricerca, politiche per l’innovazione continentali e nazionali. Va al più presto creato un vero mercato finanziario europeo. Ci vuole semplificazione legislativa per favorire l’imprenditorialità innovativa. Il nesso industria-ricerca va spostato verso l’high-tech, insomma, per scongiurare il rischio che l’economia europea resti bloccata nella trappola medium-tech.