Frenata europea

Il lavoro cresce, il pil no. Chiaroscuri dell'economia italiana

Luciano Capone

Economia ferma come in Francia e Germania, mercato del lavoro forte come in Portogallo e Spagna. La divergenza tra occupati e output mostra un quadro che sia governo sia opposizione preferiscono non guardare

Il mercato del lavoro continua ad andare bene, il pil continua a essere fermo. I dati dell’Istat mostrano due tendenze che sembrano incoerenti. Nell’ultimo trimestre del 2024, gli occupati sono aumentati di 27 mila unità e, soprattutto, sono incrementati notevolmente gli occupati permanenti (+172 mila) a fronte di una forte riduzione di quelli a termine (-127 mila). Gli occupati si mantengono sopra il livello record di 24 milioni e gli occupati a tempo indeterminato raggiungono il livello record di 16,4 milioni. Allo stesso tempo, la percentuale di lavoratori a tempo determinato è la più bassa degli ultimi dieci anni (circa il 10%), ai livelli pre decreto Poletti. Insomma, un momento surreale per un referendum contro il Jobs act.

Allo stesso tempo, nel IV trimestre 2024 il pil è stato fermo. Si tratta, quindi, del secondo trimestre consecutivo di crescita zero che vuol dire, per l’Istat, una crescita dello 0,5% nel 2024. Un dato che è praticamente la metà dell’1% di crescita previsto dal governo. In realtà, la frenata non avrà un grosso impatto sui conti pubblici. Anzi, tra gli osservatori c’è chi come Ref ricerche stima il deficit 2024 potrebbe essere anche migliore dell’obiettivo del 3,8% indicato dal governo nel Psb. E questo per diversi motivi. Il primo è che, in realtà, la crescita sarà superiore al +0,5% dell’Istat perché questo dato è corretto per gli effetti di calendario. Avendo avuto quattro giornate lavorative in più rispetto al 2023, la crescita reale nei dati annuali che l’Istat diffonderà a marzo dovrebbe essere di due decimali superiore: +0,7%. Inoltre, i dati sulle entrate – anche grazie al buon andamento del mercato del lavoro – finora sono positivi. Quindi non dovrebbero esserci sorprese sul deficit 2024 né tantomeno manovre correttive.

I problemi, invece, riguarderanno di più il 2025. Per quest’anno, infatti, il governo ha previsto nel Psb una crescita dell’1,2% che pare, ormai, una stima difficile da raggiungere perché, dopo gli ultimi due trimestri del 2024 di crescita zero, non ci sarà alcun trascinamento. L’economia italiana è entrata nel 2025 praticamente ferma. Questo ha ridotto le stime di crescita di molti osservatori di circa un terzo, quindi a +0,7-0,8%. Per l’Italia si è in sostanza chiusa quella fase in cui cresceva sopra la media europea – argomento che era un vanto del governo Meloni – per tornare a tassi vicini alla media (considerando che prima del Covid l’Italia era sempre sotto).

Nel contesto europeo, l’Italia occupa una posizione singolare. Nel senso che ha un pil praticamente fermo, come quello dei grandi paesi dell’Europa centrale: nell’ultimo trimestre 2024, la Francia fa -0,1% e la Germania -0,2%. Mentre un mercato del lavoro forte e dinamico, come quello dei paesi mediterranei che invece hanno una robusta crescita del pil: +1,5% il Portogallo e +0,8% la Spagna. Com’è possibile avere una divaricazione di questo tipo, che pare andare avanti da tempo, tra occupati e pil, mercato del lavoro e crescita economica? Anche in questo caso, le ipotesi sono diverse.

Una, dice al Foglio Lorenzo Codogno, già capo economista del Mef e ora analista internazionale, è che “i salari non sono cresciuti tanto in termini reali, soprattutto rispetto al costo del capitale, e quindi le aziende hanno convenienza ad assumerli e anche a trattenerli per paura di non perderli”. È il fenomeno del cosiddetto labour hoarding: un accaparramento dei lavoratori, in un mercato del lavoro segnato da un lato dal declino della forza lavoro per questioni demografiche e dall’altro dalla difficoltà di trovare manodopera qualificata. Questa crescita degli occupati, che è una cosa positiva, ma con un pil costante, implica una caduta della produttività, che è una cosa negativa. Un’altra ipotesi, che in parte risolverebbe questo rebus, è che il pil sia sottostimato e pertanto potrebbe essere rivisto al rialzo nelle prossime revisioni, come è già accaduto in passato. Molto probabilmente si tratta di un mix di questi fattori. In ogni caso, l’economia è ferma e se si intende conservare i buoni risultati del mercato del lavoro – e far salire i salari – è necessario farla ripartire, senza poterla spingere con la spesa in deficit come fatto in passato.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali