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L'altro risiko

Il ceo di Intesa Sanpaolo tiene alla larga il dossier Mediobanca ma lancia messaggi al mercato

Mariarosaria Marchesano

Il manager Carlo Messina fa crollare i rumors circolati in questi giorni su una eventuale offerta su Piazzetta Cuccia concorrente a quella di Mps. Si punta invece su un modello di business misto tra banca commerciale e gestione della ricchezza privata, senza passare per acquisizioni in Italia

Non sarà Intesa Sanpaolo il cavaliere bianco di Mediobanca né intende fare altre mosse nel risiko bancario italiano. Se c’è una certezza dopo che il ceo Carlo Messina ha incontrato prima gli analisti e poi la stampa per illustrare i risultati del 2024 (8,7 miliardi di utili netti) e le previsioni per il 2025 (“ben oltre” 9 miliardi) è che Intesa si chiama fuori dai giochi, anzi “fuori dalla confusione attuale”. Così, da una posizione neutrale, Messina non è sospettabile di volere blandire il governo Meloni se dice che questo gode di “un prestigio unico tra gli investitori internazionali”. Un’attestazione di stima, ma anche un monito ad allentare la presa sul sistema bancario perché alla domanda su che cosa pensa della presenza dello stato nell’operazione Mps-Mediobanca, il manager ha risposto di non essere preoccupato ma che tale presenza dovrebbe tendere a essere ridotta il più possibile perché devono essere gli investitori a giudicare la bontà del progetto.

Per il ceo di Intesa, quella lanciata su Piazzetta Cuccia è un’“operazione di mercato” e sarà il mercato a dover decidere (e anche Messina dunque, pur mantenendo una distanza dal dossier, sceglie di non mettersi di traverso all’operazione Mps-Mediobanca). Per quanto riguarda il ruolo di Intesa Sanpaolo, il manager ha negato ogni interesse ad acquisizioni e fusioni in Italia facendo apparire completamente infondati i rumors circolati in questi giorni su una eventuale offerta su Mediobanca concorrente a quella di Mps. Il ragionamento è semplice: il percorso per creare un modello di business misto tra banca commerciale e gestione della ricchezza privata (che è quello hanno in mente i sostenitori dell’aggregazione tra Montepaschi e Mediobanca) Intesa Sanpaolo lo ha già fatto raggiungendo un obiettivo di raccolta pari a 900 miliardi, ma soprattutto un livello di redditività che non sarà impattato negativamente dal calo dei tassi di interesse poiché deriva in modo crescente dalle commissioni alla clientela. Una realtà con una leadership europea paragonabile semmai ai colossi come lo svizzero Ubs e gli spagnoli Bbva e Santander. Dunque, a che cosa potrebbero servire altre acquisizioni in Italia, che tra l’altro potrebbero incontrare obiezioni dell’antitrust? Vero che ci sono modi e modi per sedersi al tavolo del risiko, magari tentando indirettamente di influenzare le partite in corso.

Ma Messina su questo punto è stato netto: la banca non acquisterà neanche quote di minoranza anche perché è “un modo vecchio” di fare operazioni di sistema. Chissà cosa avrà pensato di queste parole Andrea Orcel, ad di Unicredit, che oltre a essere impegnato nella doppia scalata italo- tedesca (Banco Bpm e Commerzbank) ha di recente acquistato un pacchetto del 4,1 per cento in Generali con un obiettivo finanziario ma che inevitabilmente gli attribuisce un potere negoziale nella battaglia finanziaria per il controllo della governance. Pur ammettendo di avere guardato il dossier Generali in passato, Messina ha rivendicato di avere poi trovato più conveniente gli investimenti interni. E adesso, essendo vicina la scadenza del suo mandato (aprile), si sente abbastanza “giovane e forte” per restare ancora a lungo amministratore delegato. 
 

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