(Ansa)

Mps più Mediobanca è davvero uno scandalo? Sì oppure no? Dialogo tra Angeloni e Sileoni

Lorenzo Borga

Il santuario della finanza, l’operazione di mercato, la politica e qualche domanda. Un confronto tra l’ex membro del board della Bce e il segretario generale della Fabi sui nodi da sciogliere riguardo le strategie industriali, il ruolo dello stato, quello europeo e il destino dei risparmi degli italiani

l thriller finanziario dell’anno è servito. La partita che si gioca per il controllo di Mediobanca e dunque di Assicurazioni Generali, primo gruppo assicurativo del paese e il terzo in Unione Europea, è appena iniziata. Tutti vogliono un posto a tavola, già apparecchiato per le diverse altre frizzanti iniziative lanciate da Unicredit tra Italia e Germania. Ma sono ancora molti i nodi da sciogliere: le strategie industriali, il ruolo dello stato, quello della Bce e il destino dei risparmi degli italiani. Lo facciamo assieme a Lando Maria Sileoni, segretario generale della Federazione Autonoma Bancari Italiani, e a Ignazio Angeloni, professore presso il Centro Robert Schuman dell’European University Institute di Firenze e già membro del Supervisory Board della Bce.
 
Il matrimonio tra Monte dei Paschi di Siena e Mediobanca s’ha da fare?


Sileoni: "L’operazione ha senso dal punto di vista industriale. Contrariamente a quello che dicono alcuni, se l’azione andrà a buon fine si uniranno due banche – una banca d'affari e una commerciale – tra cui Mps che ha rapporti molto rilevanti con famiglie e piccole e medie imprese e Mediobanca che ha invece legami con le grandi imprese. Ecco perché dal punto di vista industriale ci sono potenzialità interessanti di complementarità. Ci sono tutte le condizioni perché il Monte dei Paschi rimanga autonomo, che è sempre stata la nostra posizione. Siamo ovviamente estranei all’operazione finanziaria, ma tuteleremo tutti i dipendenti di Mps e di Mediobanca."
Angeloni: "Mps e Mediobanca sono due realtà bancarie molto diverse che farebbero fatica a parlarsi l'un l'altra. Una è una banca regionale che serve piccole e medie imprese in una parte del Paese, l'altra è una banca di investimento con un perimetro di affari in larga parte italiano ma di tutt’altro profilo. Le potenziali sinergie in questo tipo di aggregazioni derivano solitamente dalle sovrapposizioni tra le due realtà, che in questo caso mi pare non esistano o siano minime. Cosa può offrire Mps a Mediobanca? Siena non ha una rete distributiva utile alla banca d’affari, che non serve le piccole e medie imprese tipicamente clienti di Monte Paschi. Per di più bisogna tener conto che l’acquirente è più piccolo del potenziale acquisto, solo poco più della metà in termini di capitalizzazione. La combinazione mi pare piuttosto mal assortita, e per ora il mercato ha fatto sua questa interpretazione."

In Europa abbiamo bisogno di banche più grandi, come sostiene da tempo la Banca Centrale Europea?

Sileoni: "Sì, altrimenti corriamo il rischio che tra due o tre anni i grandi fondi internazionali americani mettano le mani su parte del tessuto creditizio italiano. Ben vengano le fusioni e acquisizioni, anche perché in Italia dal 2000 non hanno mai causato licenziamenti collettivi nel settore. Tutti gli esuberi sono stati gestiti con prepensionamenti volontari e strumenti analoghi, a differenza di quanto accaduto nel resto d’Europa".
Angeloni: "La Banca Centrale Europea dovrà valutare questa operazione a partire dai possibili ritorni futuri. Nell’offerta di Mps viene data molta enfasi sulle cosiddette Dta, cioè i risparmi fiscali di cui potrebbe godere Mediobanca. Ma questi si concretizzerebbero solo in caso di importanti utili generati. La Bce terrà conto che in Eurozona in questo momento abbiamo certamente bisogno di banche più grandi, più strutturate, più competitive. Ma visti i dubbi del mercato, l’esito della valutazione su Mps-Mediobanca potrebbe non essere scontato. La Bce è a favore di aggregazioni, ma non a tutti i costi: ricordiamo che il suo principale obiettivo è garantire la stabilità del sistema bancario".

Il ministero dell’Economia è ancora il principale azionista di Mps. Quale partita sta giocando il governo?

Sileoni: "Il governo ha supportato questa operazione, che – va detto – non è una semplice mossa di mercato. Se l’intervento degli azionisti di riferimento è più che legittimo, quello dell’esecutivo è sembrata un’invasione di campo. Lo stato dovrebbe piuttosto concentrarsi sulla rapida vendita della quota rimanente in Mps, ne gioverebbe la credibilità dell’operazione".
Angeloni: "Stando ai fatti e alle dichiarazioni, il governo si è espresso in maniera positiva sul valore di questa operazione. Sia con il voto nel Cda di Mps che per bocca del Ministero dell’Economia. Se il Tesoro, oltre al legittimo interesse di completare la privatizzazione del Monte Paschi, perseguisse anche l’obiettivo di favorire certi gruppi di azionisti rispetto ad altri non credo sarebbe una cosa buona. Queste sono operazioni di mercato e tali devono rimanere. Per ora non mi pare l’abbiano fatto, ma non si dovrà superare questo confine. Ad ogni modo non sono sicuro che l’azione di Mps su Mediobanca possa rendere più celere l’uscita dello Stato da Siena: questo accadrebbe solo in caso di successo dell’offerta e dell’eventuale futuro piano industriale di aggregazione. Ma ad oggi il mercato non ci crede".

Molti osservatori legano la mossa di Mps alla joint venture siglata tra Assicurazioni Generali e i francesi di Natixis sul fronte dell’asset management. Diversi hanno espresso il timore che questa alleanza farà perdere centralità alla gestione del risparmio italiano. E’ un rischio?

Sileoni: "Le faccio solo un esempio: i francesi non hanno mai permesso, non permettono e non permetteranno a nessuno che qualcuno di esterno metta le mani sui risparmi dei francesi. Il Governo italiano dovrebbe fare Lo stesso. Ecco perché condivido lo spirito dell’azione della presidente Meloni su questa partita. Per quanto riguarda le ultime mosse di Unicredit, l’intento pare aumentare il proprio peso politico ed essere determinanti in ogni operazione in corso".
Angeloni: "Io sono fra coloro che sono convinti che in Europa, soprattutto in questo momento, serva far crescere le realtà finanziarie e bancarie europee – anche attraverso aggregazioni – per finanziare gli investimenti indispensabili a competere a livello globale. Come dice il rapporto Draghi. Non conosco nel dettaglio l’operazione Generali-Natixis, ma la vedo favorevolmente sotto questa luce. Per di più se la combinazione nell’asset management unisse anche una realtà bancaria come Mediobanca, o come Unicredit viste le ultime notizie. Non sono invece per nulla preoccupato dalla possibile perdita di controllo italiano sul risparmio: in questo momento l’Italia è in surplus di partite correnti, il risparmio degli italiani finisce all’estero perché stiamo acquistando asset nel resto del mondo".
 

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