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l'alleanza

Mef e privati insieme per tonificare la Borsa: via al “fondo dei fondi”

La Cdp ha approvato il regolamento del Fondo nazionale strategico indiretto (Fnsi). Lo schema prevede un meccanismo di co-finanziamento, al 49 per cento Mef e al 51 per cento investitori finanziari, per complessivi 700 milioni che potrebbero arrivare fino a 1 miliardo. Risorse che potranno aiutare la crescita del sistema imprenditoriale

Il governo Meloni ha sempre più Milano nel cuore. Così sta cercando di far partire  lo strumento che dovrebbe rivitalizzare la Borsa e favorire la quotazione di nuove imprese a Piazza Affari, infiacchita da anni di delisting. Secondo quanto risulta al Foglio, la Cdp ha approvato il regolamento del Fondo nazionale strategico indiretto (Fnsi), meglio conosciuto come “fondo dei fondi”. Era il passaggio che mancava e così, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale che avverrà nel giro di un paio di settimane, il Mef potrà cominciare una sorta di road show per provare a  coinvolgere fondi d’investimento e società di asset management in questa alleanza tra pubblico e privato.

 Nelle stanze del ministero, il sottosegretario Federico Freni e il direttore generale Marcello Sala stanno già pianificando la partecipazione ad alcuni eventi che si svolgeranno tra fine febbraio e marzo. Qualcuno parla già di una “chiamata alle armi” da parte di Palazzo Chigi che in primis punta a convincere gli operatori con sede in Italia, come ad esempio Anima e Mediolanum, ma i colloqui avverranno a tutto campo. Lo schema generale prevede un meccanismo di co-finanziamento al 49 per cento Mef e al 51 per cento investitori finanziari per complessivi 700 milioni che potrebbero arrivare fino a 1 miliardo. Con questa dotazione mista, il fondo potrà investire in società che già sono in Borsa ma hanno difficoltà a fare un salto di dimensione e anche su quelle che stanno affrontando il percorso per arrivarci. Se lo strumento avrà successo, ci potrebbe essere un’ondata di quotazioni che in Italia non si vede da decenni, con ricadute su economia e occupazione.

Questa misura, che trae origine dalla Legge Centemero del 2023 su promozione e sviluppo delle piccole imprese e delle start up, si è incanalata in un percorso complementare al Ddl Capitali a sostegno della competitività del mercato finanziario italiano. Probabilmente non sarà questo fondo a dissuadere le società che, anche per ragioni strategiche, decidono che il proprio futuro è lontano dalla Borsa, ma immettere liquidità nel circuito sicuramente può portare dei benefici. Molto dipenderà dalla risposta degli asset manager all’appello del Mef, se e in che misura tali operatori decideranno di investire risorse, che altro non sono che i risparmi dei loro clienti, nelle società quotate o quotande. Da tempo si parla della necessità di utilizzare la ricchezza privata per favorire la crescita del sistema imprenditoriale, ma i gestori patrimoniali hanno attese di rendimento che anche in questo caso tenderanno a verificare prima di aderire. Ma c’è anche un altro punto. L’esperienza dei Pir (Piani individuali di risparmio) fatta dal governo Gentiloni insegna che sempre fondi e gestori hanno destinato la stragrande maggioranza delle risorse raccolte (oltre 8 miliardi) ad aziende medio-grandi di Piazza Affari mentre sulle piccole, che poi sono quelle che hanno maggiori esigenze di sviluppo, hanno investito solo 300 milioni.  Ovviamente, quando si parla di impiegare il risparmio degli italiani si pone un tema di rischio per chi investe e la minore dimensione può scoraggiare. Ma è anche vero che ragionando così non sarebbero mai nate le big tech negli Stati Uniti. Riuscirà questa volta il fondo dei fondi a sciogliere il nodo? (mar. mar)

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