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Paradosso lavoro

Troppi posti vuoti da riempire di competenze, dice Confartigianato

Nelle nostre imprese si vive un paradosso: c'è il lavoro, però mancano i lavoratori. E il mismatch non fa che aggravarsi, soprattutto per il personale qualificato. Un altro macigno sul futuro del made in italy, ma le soluzioni ci sono

Nell’attesa che il presidente Trump decida l’imposizione di dazi sui prodotti europei che, secondo Confartigianato, potrebbero far calare di 11 miliardi le nostre esportazioni negli Stati Uniti, un’altra minaccia pesa sul made in Italy: la scarsità di personale richiesto dalle imprese italiane. Un fenomeno in costante peggioramento visto che la quota di lavoratori difficili da reperire è aumentata dal 40,5 per cento nel 2022 al 47,8 per cento nel 2024. E la situazione è ancor più pesante nelle aziende artigiane dove la percentuale di manodopera introvabile è passata dal 55,2 per cento del 2023 al 59,2 per cento dello scorso anno.

A lanciare l’allarme sui posti di lavoro vuoti è ancora una volta Confartigianato, che mette in evidenza il paradosso vissuto dalle nostre imprese: il lavoro c’è, mancano i lavoratori. Tanto è vero che, a dicembre 2024, l’occupazione è cresciuta dell’1,2 per cento, pari a 274 mila occupati in più. E per il primo trimestre 2025 le micro e piccole imprese prevedono un aumento delle assunzioni dell’1,7 per cento.

Ma il mismatch tra domanda e offerta di lavoro si aggrava sempre di più, soprattutto per il personale qualificato, e pesa come un macigno sul futuro delle imprese italiane e del made in Italy. Il problema della difficoltà di reperimento di manodopera, sottolinea Confartigianato, riguarda tutta l’Italia ma con punte sopra la media e decisamente preoccupanti in Veneto, con il 65,2 per cento di lavoratori introvabili, seguito da Umbria (65,1 per cento), Friuli-Venezia Giulia  (64,8), Trentino-Alto Adige (62,7),  Piemonte, Valle d’Aosta, Toscana ed Emilia-Romagna, (61,7 per cento), Lombardia (61,2)  e Abruzzo (59,6).

Per reagire alla carenza di personale, attrarre giovani talenti e trattenere i lavoratori con più elevate skill ed esperienza, le piccole imprese hanno adottato una serie di strategie. In particolare, il 32,6 per cento dei piccoli imprenditori punta su aumenti salariali, il 28,5 per cento su flessibilità degli orari di lavoro e il 24,9 per cento sulla collaborazione con le scuole, soprattutto quelle a indirizzo tecnico e professionale. Secondo Confartigianato, infatti, per il 72 per cento dei lavoratori necessari alle piccole imprese è richiesto un titolo secondario tecnico o con qualifica o diploma professionale o una laurea in materie scientifiche, tecnologiche ed ingegneristiche (Stem).

Ma non basta. Secondo il presidente di Confartigianato Marco Granelli “il problema della carenza di personale deve diventare centrale nell’agenda del governo e del paese. Non possiamo accontentarci dei dati sulla crescita degli occupati. Nelle nostre aziende ci sono sempre più troppi posti vuoti che vanno riempiti di competenze, di voglia di lavorare e di imparare un mestiere. E’ paradossale che, mentre i nostri imprenditori cercano disperatamente giovani da inserire in azienda, un milione e mezzo di giovani non cerchino lavoro. Le nostre aziende devono poter contare su collaboratori in grado di padroneggiare le nuove tecnologie e di contribuire alla competitività del made in Italy. Serve un’adeguata politica formativa e un dialogo sempre più stretto tra la scuola, il sistema dell’istruzione professionale e le imprese. Ne va del futuro delle imprese italiane e delle nuove generazioni”.