L'intervista

“Autonomia da governi e partiti, partecipazione per i lavoratori”. Parla Sbarra

Luciano Capone

"Spiace che il Pd non voti la legge sulla partecipazione per calcolo politico. La Cgil ha scelto la via dell’antagonismo, la Cisl quella del riformismo". Il segretario passa il testimone a Fumarola e traccia un bilancio di questi anni alla guida della Cisl

Oggi si apre l’assemblea della Cisl e domani per Luigi Sbarra sarà l’ultimo giorno alla guida del sindacato. Qual è, segretario, il bilancio di questi anni? “È stato un percorso straordinario, denso di sfide e di risultati concreti. Abbiamo affrontato la crisi pandemica, la crisi energetica e l’alta inflazione ottenendo conquiste fondamentali. Penso al taglio strutturale del cuneo fiscale, alla detassazione sul salario di risultato, ai rinnovi contrattuali pubblici. Ci siamo battuti per la centralità del sindacato responsabile e riformista nel confronto con le istituzioni e le imprese, senza rinunciare a mobilitarci quando necessario”. Qualche rimpianto? “Che su una riforme cruciale, come quella sulla partecipazione alcune forze sociali e politiche non abbiano colto l’opportunità di una convergenza. Sarebbe stato un bel segnale di ritrovata concordia sul terreno del protagonismo del lavoro”. 

La legge sulla partecipazione promossa dalla Cisl va comunque verso l’approvazione. All’inizio la proposta aveva un appoggio trasversale, ma ora il Pd dice che non la voterà perché è stata “svuotata e stravolta”. È così? “No, la legge mantiene il suo impianto originale. È intatta l’articolazione delle quattro forme di coinvolgimento – gestionale, organizzativa, finanziaria e consultiva –, e si tiene salda la radice promozionale della proposta, con l’idea che la partecipazione non debba essere imposta per legge, ma incentivata e costruita con la contrattazione”, dice il segretario della Cisl. “Che alcuni partiti oggi dicano che la legge è stata svuotata – prosegue Luigi Sbarra riferendosi al Pd – è una scelta più politica che di merito. Spiace che queste critiche arrivino da esponenti di un partito laburista. Il sospetto che chi le muova lo faccia per calcoli di schieramento è forte, ma la partecipazione dei lavoratori è un principio costituzionale e la legge di natura sociale e popolare”.

Contro la vostra legge sulla partecipazione si sono schierati anche Maurizio Landini e la Confindustria, oltre ai partiti di sinistra. Come se lo spiega? “La Cgil ha sempre avuto uno scetticismo ideologico dovuto al pregiudizio di chi pensa che impresa e lavoro debbano essere per forza su fronti opposti. Da qui deriva la difficoltà ad ammettere che la partecipazione rafforza la contrattazione. E pensare che fu Di Vittorio, in Costituente, a 'liberare' l’emendamento voluto da Pastore e Gronchi e altri sull’articolo 46. Confindustria oggi sembra avere finalmente aperto al modello contrattuale della nostra proposta, ma ha sempre avuto in pancia realtà resistenti alle formule vincolanti".

Alla vostra assemblea interverrà anche la premier Giorgia Meloni. L’accusa che vi rivolgono è che la Cisl si schiacciata sulle posizioni governo. “La Cisl è sempre stata autonoma da governi e partiti. Abbiamo sostenuto misure che migliorano la vita dei lavoratori, e ci siamo opposti a quelle sbagliate. Abbiamo chiesto al governo di tagliare le tasse sul lavoro e lo abbiamo ottenuto. Abbiamo chiesto risorse per i rinnovi contrattuali, per la sanità, per la sicurezza sul lavoro e le abbiamo ottenute. E quando serviva, abbiamo mobilitato i lavoratori, scioperato, manifestato”.

L’Italia ha un problema di salari bassi. Perché siete contrari al salario minimo? “Il problema salariale si affronta estendendo la contrattazione, che già copre il 97% dell’occupazione. Ci sono da promuovere ed estendere gli accordi decentrati, vanno abbassate le tasse sul ceto medio, occorre aumentare quantità e qualità del lavoro e fa evolvere le relazioni industriali in senso partecipativo. Non ci sono scorciatoie legislative. Imporre un quantum orario in gazzetta ufficiale danneggerebbe le retribuzioni medie, farebbe uscire le aziende dalle tutele dei contratti, aumenterebbe il nero e il grigio nella fascia debole. Ma queste cose le sa benissimo anche chi propone il salario minimo per fare propaganda”.

Il paese va verso un referendum sul Jobs Act, chiesto dalla Cgil, qual è la posizione della Cisl? “Siamo contrari al referendum. Il Jobs Act va migliorato, non cancellato con un colpo di spugna. Illudersi di risolvere i problemi del mercato del lavoro semplicemente mettendo indietro le lancette di dieci anni è sbagliato e infantile”. Dalla legge sulla partecipazione al salario minimo fino agli scioperi generali, negli ultimi decenni il sindacato non è mai stato così diviso. La rivolta sociale da un lato, il dialogo dall’altro. L’unità sindacale è ancora un valore? “L’unità è un valore quando si basa su contenuti, non quando diventa una finalità in sé o peggio quando presuppone inesistenti egemonie di una parte su tutte. Oggi i lavoratori hanno bisogno di salari più alti, di più sicurezza, di un fisco più equo, di riforma delle pensioni. Ma servono soluzioni concrete, non opposizioni pregiudiziali. La Cgil ha scelto la via dell’antagonismo, rifiutando il confronto su tutto. Noi crediamo nel metodo della contrattazione e della concertazione tra parti responsabili, perché è l’unico modo per portare a casa risultati veri”. 

Il referendum sul Jobs act si tiene a 40 anni esatti dal referendum sulla scala mobile. Anche allora il sindacato si spaccò. Oggi si è riaperta la stessa faglia di allora? “Vedo solo un’analogia: una frattura tra chi vuole costruire soluzioni concrete e chi invece preferisce urlare dai megafoni, pur sapendo che la battaglia che combatte non ha fondamento nei dati e rischia di zavorrare ulteriormente il paese. Noi sappiamo bene da che parte stare”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali