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Foto Ansa
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Cisl Pride: Sbarra e Fumarola rompono con la “demagogia” della Cgil
L'ultima assemblea pubblica del segretario sancisce la rottura con Landini: “I nodi sono venuti al pettine”, dice dal palco. È tempo di scegliere “tra due opposte concezioni di sindacato”. Anche la nuova segretaria rivendica la linea del dialogo
E’ stato il giorno dell’orgoglio Cisl. Ma è stato anche il giorno della fine dei rapporti tra Cisl e Cgil. Incrinati da tempo, appesi a un filo, ma mai del tutto strappati. Adesso, invece: “I nodi sono venuti al pettine”, scandisce il segretario della Cisl Luigi Sbarra, ed è tempo di scegliere “tra due opposte concezioni di sindacato”. Di là “l’antagonismo incendiario, la demagogia, il populismo”, di qua “un’azione sindacale riformista, pragmatica e concreta”: intendendo la Cgil nel primo esempio, la Cisl nel secondo.
L’ultimo intervento da segretario generale Sbarra lo ha tenuto davanti a una platea gremitissima all’Auditorium Conciliazione, tremila delegati da tutta Italia per festeggiare la legge sulla partecipazione ormai quasi al traguardo. Una kermesse in piena regola, con musiche, inni, filmati evocativi, commozione, standing ovation, ministri, politici, e perfino Giorgia Meloni, generosissima di complimenti alla Cisl, che ricambia di cuore.
Ma è anche l’occasione per troncare gli equivoci di un’unità sindacale solo di facciata. Mai Sbarra ha usato toni così duri: arriva a dire che Giuseppe Di Vittorio, della Cgil padre e fondatore, si rivolterebbe nella tomba se potesse vedere “lo spettacolo dei suoi pronipoti, che hanno cercato di affondare la legge sulla partecipazione”. Con motivazioni, secondo il leader Cisl, “assurde, disinformate, capziose, pregiudiziali”.
Lo scontro sulla partecipazione è però solo l’innesco che fa esplodere un rapporto ormai più che logorato. L’ultima occasione unitaria delle confederazioni risale alla primavera del 2023, ma si trattava di una tregua già fragile, indebolita dagli scioperi generali proclamati da Cgil e Uil. Ancora prima, fin dal congresso Cisl del maggio 2022 (quello in cui fu lanciata la legge sulla partecipazione: vedi a volte le coincidenze) tra le confederazioni c’erano attriti. Per dire: Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri disertarono l’invito di Sbarra a un dibattito sul palco congressuale (moderato, qualcuno lo ricorderà, da Gennaro Sangiuliano, all’epoca direttore del Tg1). Una ripicca, si disse, perché la Cisl, rompendo la tradizione, non aveva previsto per i colleghi segretari un intervento dal palco, confinandoli in una tavola rotonda.
Sembrava un’inezia, ma da lì in poi per l’intero mandato di Sbarra è stato un crescendo, con posizioni divergenti praticamente su ogni cosa. Perfino su un tema unificante come le morti sul lavoro Cisl, Cgil e Uil hanno fatto iniziative separate. Fino ad arrivare alle recenti rotture sui contratti di Pubblico impiego e Sanità. Con la Cgil sempre all’opposizione e la Cisl che, al contrario, ha cercato sempre il dialogo coi governi, fossero Draghi o Meloni. Proprio la premier, nel suo intervento davanti alla platea cislina, ha dato il via agli attacchi alla Cgil, accusandone la “tossica visione conflittuale”. Sbarra ci ha poi messo del suo elencando “i freni ideologici”, l’idea “radicata in certe aree antagoniste” che la fabbrica debba essere “solo un terreno di scontro tra capitale e lavoro”, facendo così perdere al paese “tempo e opportunità”, frenando “competitività, investimenti e retribuzioni”. Ora però, avverte, servono “scelte coraggiose”, occorre “far entrare aria nuova e aprirci a quell’orizzonte partecipativo oggi ancora più necessario e urgente”: perché i tempi “non permettono conservatorismi o immobilismo”.
Ed ecco il bivio, quello che, secondo Sbarra, impone di decidere da che parte andare: dalla parte di una Cgil “paralizzata dalla demagogia” che a sua volta paralizza il paese, o di un sindacato “della responsabilità”, “che accetta e promuove il dialogo” col governo e col capitale, non più nemici ma alleati. “Noi ci siamo, e faremo fino in fondo la nostra parte”, dice.
Per la cronaca: si è detto che è stato l’ultimo intervento di Sbarra, a cui subentrerà Daniela Fumarola. Anche la nuova segretaria, oggi, introducendo l’assemblea, non ha mancato di riferirsi a “certi sindacati” che “come giapponesi nella giungla si ostinano a vivere come se fossimo ancora nel Novecento”, o a “quelli che ci guardavano con sufficienza, convinti che non saremmo mai riusciti a ottenere le 50 mila firme necessarie per la legge”. Ne sono state raccolte 400 mila, rivendica Fumarola, e infatti oggi è il giorno dell’orgoglio Cisl, e della legge Sbarra, e – si direbbe – dell’addio alla Cgil. Si attende la risposta di Landini, che dovrebbe arrivare già domani, dal PalaDozza di Bologna, dove il leader Cgil aprirà la campagna referendaria contro il Jobs Act. Anche rispetto al referendum, Cgil e Cisl saranno su due sponde opposte della barricata.