![](https://img-prod.ilfoglio.it/2025/02/11/192338258-347016a2-3d03-4035-bb13-dc7881a107e7.jpg)
Foto LaPresse
Sfide e insidie
I tre fronti di Orcel: Commerzbank, Banco Bpm e la partita Generali. Le mosse da ago della bilancia
Il ceo presenta risultati superiori alle attese, ma i rumors su una possibile vendita della partecipazione di Delfin in Unicredit scuotono Piazza Affari. In un momento delicato per le alleanze bancarie, Orcel si prepara a giocare un ruolo decisivo nella rinnovata lotta per il controllo di Generali
Mentre l’amministratore delegato di Unicredit, Andrea Orcel, presentava ieri mattina al mercato i risultati del 2024 (superiori alle attese, con utili per 9,3 miliardi e una previsione di 10 miliardi per il 2027), il titolo perdeva a rotta di collo a Piazza Affari a causa dei rumors sull’intenzione di Delfin di vendere la sua partecipazione del 2,7 per cento. Uno schiaffo per Unicredit da parte di un azionista storico come la famiglia Del Vecchio, impegnata con Francesco Gaetano Caltagirone nella partita per il controllo di Generali proprio quando la banca può avere voce in capitolo con la sua partecipazione che ormai supera il 5 per cento, come annunciato ieri. Insomma, una mossa difficile da comprendere da parte di Delfin.
Poi, nel pomeriggio, fonti vicino alla holding presieduta da Francesco Milleri hanno espresso soddisfazione per i risultati conseguiti da Orcel e precisato che “non è stata presa alcuna decisione sulla cessione della quota”. Una formula sibillina, che non ha smentito l’indiscrezione del Corriere della Sera su una possibile uscita, ma ha consentito a Unicredit di contenere la perdita di Borsa (ha chiuso a meno 0,7 per cento dal meno 3,5 per cento del mattino). Che si sia trattato di un “avvertimento” di Delfin o di un gigantesco “misunderstanding”, il capo di Unicredit, ha colto la palla al balzo per dichiararsi un osservatore “neutrale” sia della partita Mps-Mediobanca (“decideranno gli azionisti”) sia dell’accordo sul risparmio tra Generali e la francese Natixis dicendo che su quest’ultima deciderà “al momento opportuno”. Se dal fronte Milleri-Delfin è partito un messaggio la replica di Unicredit non si è fatta attendere.
Non mancano le guerre di nervi in questo risiko bancario. La parola stessa “neutralità” può spaventare quando sul campo ci sono fazioni e interessi contrapposti perché vuol dire che qualcuno, quando si schiererà, può determinare la vittoria o la sconfitta di una delle parti. E questo qualcuno oggi è Andrea Orcel, banchiere veloce e determinato che ha intrapreso una doppia scalata tra la tedesca Commerzbank, operazione che ieri ha fatto intendere di non avere alcuna intenzione di abbandonare anche se ci vorrà più tempo, e l’italiana Banco Bpm, che conta di mandare in porto più rapidamente. Se non sarà un problema alzare il prezzo per convincere gli azionisti di Piazza Meda, l’incognita maggiore è rappresentata dagli ostacoli che potrebbe frapporre il governo su questo percorso con l’utilizzo del Golden Power. Ma la domanda è: quanto Unicredit avrà realmente bisogno dell’appoggio di Palazzo Chigi per riuscire ad aggregare la banca milanese? Perché è da questa valutazione che dipenderà da che parte stare quando si tratterà di votare all’assemblea dei soci di Generali il prossimo 8 maggio.
Con una partecipazione del 5 per cento e oltre, Unicredit potrà contribuire a determinare il successo della lista che Caltagirone-Delfin puntano a presentare in contrapposizione con quella che sta preparando Mediobanca per il rinnovo del consiglio di amministrazione del gruppo assicurativo. La neutralità dovrà lasciare il posto ai diritti di voto. Da qui all’assemblea di Generali, Orcel cercherà di capire che margini ha la normativa del Golden Power di trovare applicazione in un’operazione tra banche commerciali e a livello domestico. Pochi, probabilmente, ma non si può mai sapere. Non è un caso che in un recente articolo del Financial Times fonti informate riferivano di contatti “costruttivi” tra Orcel e Caltagirone e su questa ipotesi è stato costruita l’idea di Unicredit come ago della bilancia nella partita Generali. Secondo un’altra interpretazione, la vera ragione per cui Unicredit è entrata in Generali con una posizione tanto pesante (agli attuali prezzi di mercato il 5 per cento vale 3,5 miliardi) è scoraggiare un’eventuale iniziativa da parte della concorrente Intesa Sanpaolo, dopo che il ceo Carlo Messina avrà ottenuto il rinnovo del mandato.
Una mossa aggressiva e difensiva nello stesso tempo, insomma, volta a evitare di trovarsi un domani ad essere di gran lunga il secondo gruppo bancario in Italia. Il terreno di questa partita è comunque ricco di insidie per un banchiere come Orcel che ha costruito la sua reputazione sulla confidenza che ha con il mercato e il mondo degli investitori. Essere in Germania vittima dell’ingerenza della politica e diventare in Italia la sponda della politica per sostenere un grande riassetto finanziario Mps-Mediobanca-Generali? Anche sì, riflette chi conosce la sua intraprendenza, ma ne deve valere la pena e deve essere lui a controllare il gioco.