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Risiko bancario

Assedio al sistema bancario lombardo: Castagna lancia l'allarme contro Unicredit

Mariarosaria Marchesano

Il ceo di Banco Bpm esprime fermo dissenso contro l'ops di Unicredit, evocando possibili implicazioni politiche e sfide alla Golden Power. Un panorama in cui lo stato si riaffaccia nella ristrutturazione delle finanze, alimentando il dibattito sul futuro delle banche italiane e il ruolo della politica

Se si potesse dare un volto al sentimento di assedio che anima il sistema bancario lombardo, tra offerte ostili o non concordate su Mediobanca, Banco Bpm,  Popolare di Sondrio e persino Illimity, sarebbe quello di Giuseppe Castagna, amministratore delegato di Bpm, che ieri ha incontrato la stampa a Milano per manifestare ancora più apertamente la sua opposizione all’ops di Unicredit arrivando a lanciare un monito al governo: “Sarebbe molto grave – ha detto il manager – se decidesse di appoggiare l’operazione per guadagnare i favori di qualcun altro”. Il riferimento, chiarissimo, è alla possibilità che Palazzo Chigi, contrariamente a quanto ventilato dal ministro Giancarlo Giorgetti, possa utilizzare il guanto di velluto con Unicredit sulla questione Golden Power in vista di eventuali contropartite sul dossier Generali. E ancora, Castagna ha invocato chiarezza sulla presenza di Unicredit in Russia che non si riduce il che, a suo parere, rappresenta un buon motivo per ricorrere proprio al Golden Power.

Se si tratta di un tentativo estremo di difendersi dalla banca guidata da Andrea Orcel, facendo leva sull’appoggio di soci come la francese Credit Agricole, evocata non a caso più volte da Castagna, oppure di un modo per rendere chiaro che il prezzo offerto dovrà essere adeguato, si vedrà. Intanto, l’ad di Bpm ha usato parole dure che neanche l’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, che pura ha rigettato l’offerta di Montepaschi, è arrivato a pronunciare pur nella consapevolezza che il tentativo di conquistare Piazzetta Cuccia non esisterebbe senza la regia del Mef. Stili diversi per evidenziare lo stupore di fronte a un momento che i banchieri non si attendevano: il ritorno dello stato nella ridefinizione degli assetti finanziari del paese. Succede in Italia, ma anche in Germania (come dimostrano le barricate a Unicredit su Commerzbank) e in Spagna (il governo si è opposto all’acquisizione del Banco Sabadell da parte del colosso Bbva), mentre in Francia lo stato da sempre ha favorito la nascita di un sistema di casse popolari e di risparmio e oggi Bpce controlla la società Natixis con la quale Generali ha stretto un’alleanza nel risparmio).

Non c’è da sorprendersi, dunque, se un governo di destra come quello di Giorgia Meloni tenti di conquistare spazi in un mondo con cui ha sempre avuto scarsa confidenza. Ma l’assedio alla finanza lombarda non si spiega solo con l’attivismo della politica romana. Ha radici più ramificate. L’ops di Bper sulla Banca Popolare di Sondrio, per esempio, viene  commentata con malcelata rabbia in nome di una biodiversità di un territorio che si è sempre sentito estraneo anche allo stesso contesto milanese, figuriamoci al potere emiliano delle coop rappresentato da Unipol che di Bper è azionista di riferimento. Nella Lombardia confinante con la Svizzera le scalate bancarie le hanno sempre temute dopo quella al Credito Valtellinese da parte di Credit Agricole, che oggi fa da paravento a Castagna. E l’offerta della veneta Banca Ifis sulla giovane Illimity Bank fondata da un banchiere navigato come Corrado Passera si spiega con la crisi del settore degli npl. Dieci anni fa le banche italiane erano piene zeppe di crediti deteriorati e oggi lo sono di extraprofitti grazie ai tassi Bce. Le cose cambiano in fretta. Sono cambiate nel tempo anche per Intermonte, fondata a metà degli anni Novanta da un gruppo di manager che coltivavano il sogno di una investment bank indipendente. Su Intermonte è stata Banca Generali a lanciare un’opa lo scorso autunno, l’unica tra tutte accolta con favore. E’ la fine di un sistema?  

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