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(foto Ansa)
risiko possibile
Che cosa c'è dietro il messaggio di Unicredit a Bpm
Orcel invia un avvertimento agli azionisti del Banco. In ballo c’è solo il prezzo di Anima? Forse no
E’ come aver dato il fischio di inizio di un grande campionato per poi interrompere le varie partite ai calci di rigore. Così l’incertezza sull’applicazione del cosiddetto “Compromesso danese” da parte dei regolatori europei sta rallentando le fusioni e acquisizioni tra banche e assicurazioni che, in teoria, vorrebbero accelerare. Da tre mesi non si sa nulla sulla possibilità che il Danish compromise – la regola europea che facilita le operazioni di concentrazione tra banche e assicurazioni – possa essere applicato all’opa di Banco Bpm sulla società del risparmio gestito Anima. A decidere dovrebbe essere la vigilanza della Bce presieduta da Claudia Buch, la quale, nel dubbio, ha chiesto aiuto all’Eba che non si è ancora espressa.
L’amministratore delegato di Bpm, Giuseppe Castagna, è talmente fiducioso che il via libera dalle autorità possa arrivare, rendendo meno oneroso l’acquisto di Anima, da avere convocato un’assemblea dei soci per il 28 novembre per farsi autorizzare un aumento del prezzo per azione da 6,2 a 7 euro pur di conquistare Anima (l’esborso aggiuntivo è meno di 200 milioni di euro). In più, l’ad ritiene che la sua banca possa assorbire l’operazione quand’anche l’esito dell’iter di Bce ed Eba dovesse essere sfavorevole (in questo caso gli utili da distribuire agli azionisti scenderebbero da 7 a 6). Di fronte a questa mossa Unicredit, che a sua volta vuole comprarsi Bpm con un’ops, ha voluto lanciare un messaggio: attenzione, se andate avanti su questa strada potrei ritirare la mia offerta e questo potrebbe fare tracollare il titolo in Borsa. Unicredit ritiene che senza l’aiuto del compromesso danese e in presenza di un aumento del prezzo, il boccone Anima possa diventare pericoloso per Bpm, perché la indebolirebbe troppo dal punto di vista patrimoniale. Di conseguenza l’acquisto della banca milanese diventerebbe anche per se stessa meno appetibile. Così lancia un avvertimento ai soci sui rischi che corrono se il 28 accettano che vengano modificate le condizioni dell’offerta. In tutta risposta, Castagna ha minacciato Unicredit di adire le vie legali chiamando “ragazzo” l’amministratore delegato, Andrea Orcel. Insomma, un botta e risposta che da l’idea di quanto si sia inasprita questa partita che si sta giocando all’interno di uno scenario di risiko bancario già aggressivo. In realtà, il Danish compromise è una regola che esiste da vari anni, ma la scorsa estate è stata raffozata (“Danish Compromise al quadrato”, come l’hanno battezzata alcuni analisti) contribuendo a innescare la stagione di acquisizioni e fusioni a livello europeo. Però, in capo neanche a qualche mese sono nati dubbi che stanno tenendo col fiato sospeso sia l’operazione in Francia di Bnp Parisbas su Axa IM sia quella in Italia di Banco Bpm su Anima. Mentre la partecipazione (storica) detenuta da Mediobanca in Generali rientra automaticamente nel quadro regolatorio, non è chiaro se e in quale misura vi rientrino anche le operazioni ex novo. Soprattutto in considerazione del fatto che Axa Im e Anima, cioè le prede, non sono assicurazioni.
D’altro lato, il gruppo Banco Bpm ha ottenuto il requisito di “conglomerato” da parte della Bce e questo dovrebbe facilitare le cose così come anche il fatto che a lanciare l'opa è stata Bpm Vita, cioè un'assicurazione. Ma al momento non vi è alcuna certezza, né esiste una tempistica. Di recente Claudia Buch, ha spiegato che le decisioni su queste operazioni verranno prese “caso per caso”, ma non ha detto quando e, a quanto risulta, non è neanche detto che l’Eba decida di assumere una posizione. In attesa che si sblocchi lo stallo regolatorio a Bruxelles, il risiko si infiamma. Per Unicredit, l’operazione su Banco Bpm è centrale all’interno di una strategia incentrata su un salto dimensionale sia in Italia sia sul piano internazionale (con Commerzbank). Ma aver detto ieri di essere pronto a rinunciare all’offerta fa sorgere anche il dubbio che Orcel abbia spostato il focus su altri dossier. Man mano che passano i giorni, sul mercato si sta consolidando l’idea che la ragione principale per cui Unicredit ha costruito una posizione tanto rilevante in Generali (la partecipazione è arrivata al 5,2 per cento) sia quella di prevenire una mossa aggressiva da parte di Intesa Sanpaolo, che, però, continua a smentire ogni interesse sul Leone. Che Unicredit intenda salire ancora e per farlo ha bisogno di ingenti capitali? Nulla si può escludere, ma nel frattempo, assicurano fonti bene informate, la priorità è stringere su Piazza Meda.
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Alternativa a Unicredit