
(Ansa)
Difendere l'Europa
Investire la ricchezza privata nella difesa, la sfida europea al pol. corr.
C'è bisogno di una presa di consapevolezza collettiva per accettare l'idea che preoccuparsi del cambiamento climatico serve a poco se il paese in cui si vive può essere invaso senza potersi difendere. A tracciare la linea europea, per quanto riguarda la difesa sembrano, ancora una volta, Francia e Germania
“Le ultime due aree di azione mirano a mobilitare il capitale privato accelerando l’Unione del risparmio e degli investimenti e attraverso la Banca europea per gli investimenti”. Con queste parole, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha spiegato che intende coinvolgere la ricchezza privata nel piano per il riarmo da 800 miliardi. Non è esattamente una novità poiché questa possibilità è prevista sia nel rapporto sulla competitività di Mario Draghi che in quello di Enrico Letta sul futuro del mercato unico. Nel primo, in particolare, è spiegato che oltre ai finanziamenti pubblici, l’accesso ai capitali privati rimane una sfida fondamentale per l’industria della difesa europea per sostenere lo sviluppo delle piccole e medie imprese che costituiscono la spina dorsale delle catene di approvvigionamento del settore.
Ma lo stesso Draghi evidenzia che l’accesso di queste imprese ai finanziamenti “è spesso ostacolato dall’interpretazione data dalle istituzioni finanziarie ai quadri di riferimento Ue per la finanza sostenibile e ai quadri di riferimento ambientali, sociali e di governance”. Di che si tratta? Dei famigerati criteri Esg, croce e delizia del capitalismo “buono”, quello che da una quindicina d’anni è interpretato da fondi di investimento e asset manager che a livello mondiale sono in grado di mobilitare centinaia di miliardi seguendo politiche che prediligono ambiente, inclusione di genere e sociale e, in alcuni casi, arrivano a escludere interi settori come i tabacchi, le scommesse e la difesa. Non tutti gli operatori finanziari, però, hanno adottato politiche rigide, in altri casi le imprese su cui investire vengono valutate caso per caso in relazione alla loro capacità di generare effetti positivi anche quando estraggono idrocarburi (che servono comunque allo sviluppo dei paesi poveri) e quando sono impegnate in programmi per la difesa militare aumentando il tasso di innovazione tecnologica e l’attività di ricerca. Quasi tutti i fondi, però, escludono armi “non convenzionali”, tipo mine antiuomo e bombe a grappolo.
In ogni caso, ci sarà bisogno di una presa di consapevolezza collettiva, soprattutto da parte dei millennial, considerati i principali sottoscrittori dei fondi pensione, per accettare l’idea che preoccuparsi del cambiamento climatico serve a poco se il paese in cui si vive può essere invaso senza potersi difendere. Il potere decisionale di questa generazione è stato finora decisivo nelle scelte di investimento di operatori finanziari internazionali che in Europa hanno impegnato ingenti risorse ispirandosi al “Green Deal” adottato a dicembre 2019. Ma sono passati pochi anni che sembrano un secolo rispetto ai grandi cambiamenti avvenuti nel frattempo che potrebbero determinare un nuovo orientamento della Commissione, come già si sta vedendo nella transizione energetica del settore automotive. Tutto questo potrebbe portare in futuro a una revisione o mitigazione dei parametri Esg?
E’ possibile anche se un tale percorso non è privo di difficoltà oltre che implicare il superamento di una barriera ideologica. In questo momento, comunque, l’attenzione è concentrata su come mitigare il crescente deficit pubblico atteso per l’aumento della spesa per la difesa da parte dei singoli paesi. Non a caso, sul tema si potrebbe esprimere anche la presidente della Bce, Christine Lagarde, nell’ambito della riunione di oggi che si tiene nello stesso giorno in cui i leader europei si riuniscono per discutere del tema fiscale. A tracciare la strada sembrano, ancora una volta, Francia e Germania, paesi in cui la discussione pubblica è a uno stadio avanzato anche per quanto riguarda gli strumenti per attivare le risorse dei privati come, per esempio, emissioni di titoli di stato per la difesa, libretti di risparmio con lo stesso scopo e incentivi fiscali destinati alle persone fisiche che investono in fondi destinati al settore. Di sicuro non è semplice per i vertici europei affrontare l’età del riarmo senza fare la figura dei “guerrafondai”, come già sta succedendo in Italia senza che il governo si impegni a spiegare che non si sta dichiarando guerra a nessuno ma che occorre pur organizzare una difesa militare efficiente se non si può più contare sul Patto atlantico.

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