
Foto LaPresse
la trattativa
La Uil scarica la Cgil nella vertenza Eni Versalis. Lunedì il tavolo da Urso
Il sindacato di categoria della Cgil è l'unico a non firmare il verbale d'intesa con l'azienda e a proclamare sciopero e picchetto. I lavoratori del petrolchimico di Brindisi si dissociano “dalla pratica politica messa in atto". Le trattative proseguono al ministero. De Pascale (Emilia-Romagna): "Il paese non ha una strategia"
Il sodalizio tra Cgil e Uil si è infranto sulla riconversione della chimica di base di Eni Versalis. Fuori dal ministero delle Imprese e del made Italy, lunedì pomeriggio andrà in scena un picchetto solitario organizzato dal sindacato di Landini, che per fare massa ha disegnato un perimetro più ampio di quello che riguarda la chimica, convocando in nome dell’indotto anche metalmeccanici, trasporti, edili, servizi di pulimento e vigilanza. Dentro al ministero si terrà invece il tavolo convocato da Adolfo Urso per riunire l’azienda, i sindacati e le regioni interessate dal piano. La riconversione è un’operazione cruciale per il paese, che si prepara a gestire l’uscita da un’industria strategica come la chimica di base, in piena crisi strutturale in tutta Europa, per scommettere sulla chimica verde e la bioraffinazione. “Non certo una buona notizia per l’Italia, che non ha una strategia industriale per il settore e paga il pegno di avere prezzi dell’energia più cari di altri paesi europei”, dice al Foglio il presidente dell’Emilia Romagna, Michele De Pascale, che lunedì sarà al Mimit per vigilare sugli impianti Versalis di Ferrara e Ravenna, al riparo da impatti diretti nell’ambito della riconversione. Le ripercussioni maggiori si avranno invece in Puglia e Sicilia, dove sono operativi gli impianti di cracking di Brindisi e Priolo (un processo di raffinazione che scompone le molecole di petrolio) e quelli di polietilene di Ragusa. La trattativa è arrivata a un giro di boa quando mercoledì scorso i sindacati di categoria di Uil e Cisl hanno sottoscritto un verbale di intesa con Versalis, mentre quello della Cgil ha lasciato il tavolo. Oltre al mantenimento dei posti di lavoro, uno dei punti principali del verbale è la possibilità di mettere in stand-by l’impianto di cracking di Brindisi, dove intanto verrà attivato una fabbrica di batterie elettriche, per riattivarlo auspicabilmente quando ci saranno le condizioni di mercato. Ma la Cgil ritiene che sia tecnicamente impossibile e chiede in sostanza che Eni cancelli il suo piano strategico, tenendo in piedi un settore in perdita. Da mesi agita numeri allarmistici sulle ripercussioni occupazionali – in un comunicato parla di un impatto su 20 mila lavoratori tra diretto e indotto – e per bocca dei suoi rappresentanti rilascia dichiarazioni da “rivolta sociale” contro Eni e il governo. Ma la sua linea barricadera è stata respinta dagli stessi lavoratori degli impianti e in particolare a Brindisi, dove i rappresentanti sindacali del petrolchimico hanno scritto in un documento di volersi dissociare dalla Cgil “sia formalmente che nella pratica politica messa in atto” perché non “mira a salvaguardare l’occupazione ma è mossa da altri intenti”. Da questo approccio, per questa volta, ha preso le distanze anche il sindacato di categoria della Uil, che ha accettato di trattare nel merito con Eni fissando alcuni punti “irrinunciabili”. Dal tavolo di lunedì si capirà se la Cgil resterà isolata nella sua battaglia. E soprattutto che piega prenderà una delle più strategiche riconversioni industriali del paese.