Ansa

bEVANDE rifugio

Meno Tesla e hi-tech, più soft drink e detersivi: così Wall Street si difende da Trump

Mariarosaria Marchesano

Il titolo di Coca Cola è salito del 7 per cento, mentre gli altri indici andavano a picco, E pure Procter&Gamble, la multinazionale dei prodotti per la casa, ha segnato un rialzo. E’ come se gli americani avessero deciso di affidarsi alla tradizione nell’ora più incerta per le prospettive del paese

Meno male che c’è la Coca-Cola. Oggi in una delle peggiori sedute di Wall Street degli ultimi anni, in cui gli indici andavano a picco per i timori di una recessione economica, il titolo della bevanda gasata  non solo reggeva il colpo ma saliva come ha fatto durante tutto l’ultimo deprimente mese vissuto dalla borsa newyorkese, mettendo a segno un rialzo del 7 per cento.

Discorso analogo per il gruppo farmaceutico Johnson&Johnson e, in misura minore, per Procter&Gamble, la multinazionale dei prodotti per la casa: entrambe le compagnie continuano a mantenere il segno più mentre gran parte del listino va a rotoli. E’ come se gli americani avessero deciso di affidarsi alla tradizione nell’ora più incerta per le prospettive del paese: la “Trumpcession” sta arrivando, secondo le stime della Fed di Atlanta (pil meno 2,8 per cento nel primo trimestre 2025), e così si vendono (in termini di azioni) auto elettriche e servizi tecnologici e si comprano Coke, shampoo, creme e detersivi, anche perché i produttori di questi beni di largo consumo sono spesso buoni “pagatori” di dividendi. Magari non fanno fare guadagni stellari, come in alcuni periodi hanno assicurato le Big tech, ma quando l’economia va male, possono rivelarsi un prezioso cuscinetto salva risparmi. Anche perché gli investitori statunitensi, in questa particolare fase, non possono contare neanche sui titoli finanziari, che a Wall Street stanno soffrendo quanto e più dell’hi tech da quando il presidente Donald Trump ha cominciato a mettere in atto una politica commerciale protezionista incerta e confusa. 

 

Il presidente Usa ha annunciato e ritirato-rinviato nel giro di un giorno decisioni che riguardavano interi paesi, per esempio Messico e Canada, o interi settori, per esempio l’auto, avviando talvolta trattative ad personam con singoli produttori.  Era metà febbraio quando Wall Street ha cominciato a fare realmente i conti con “America First” avviando un’inversione di rotta rispetto ai grandi guadagni del 2024 e rispetto a un inizio 2025 che si presentava in rallentamento ma ancora positivo. Da quel momento il declino degli indici della borsa americana è stato costante: Nasdaq -10 per cento, S&P -7 e Dow Jones -4,8 (sulla base dei prezzi azionari di metà seduta di oggi). Impressionanti, sempre nell’ultimo mese, le perdite delle sette grandi: Tesla in cima alla classifica (-37 per cento): pesano le minori vendite di auto in Europa dopo il saluto nazista del patron Elon Musk, ma anche il dimezzamento della distribuzione in Cina e i primi giudizi negativi delle banche d’affari. A ruota in discesa seguono Alphabet (-15,8 per cento), Meta (-21), Nvidia (-23), Apple (-12,5), Microsoft (-12,5), Amazon (-21). Da qualche tempo – è opinione di molti analisti – l’incertezza normativa legata alla presidenza Trump si sta sovrapponendo al timore che il settore dell’intelligenza artificiale stia rallentando la sua corsa sui mercati azionari o si avvii a una pausa. In questo contesto, l’intervista di due giorni fa del presidente americano a Fox News in cui ha affermato che l’economia sta vivendo “un periodo di transizione perché quello che stiamo facendo è davvero notevole”, ha provocato il forte scivolone di Wall Street che si è trascinata dietro le borse europee. 

 

Malissimo vanno anche i titoli bancari americani, segno che il malessere ha raggiunto il cuore finanziario d’America. Sempre nell’ultimo mese, le “big” come Jp Morgan, Citigroup Bofa , Morgan Stanley, Goldman Sachs, Wells Fargo, hanno messo a segno perdite comprese tra il 17 e il 20 per cento. Attualmente, gli indici Usa sono scesi sotto il livello di prezzo di novembre quando Trump ha vinto le elezioni. In quel mese era stata registrata una certa fiducia del mercato azionario verso la nuova amministrazione e il rinnovamento che prometteva di portare mentre le minacce sui dazi venivano liquidate come slogan da campagna elettorale. Ma qualcosa è andato storto. Perché a partire dal 15 febbraio Wall Street, complici i segnali di rallentamento economico come il calo della fiducia dei consumatori e quello delle vendite al dettaglio, il listino Usa ha cominciato a lanciare forti segnali di insofferenza. Alcuni osservatori sono propensi a pensare che l’Amministrazione Trump abbia messo in conto che ci sarebbe stato un prezzo da pagare per America First e che esisterebbe una “soglia di dolore” di Wall Street oltre la quale la Casa Bianca non oserà andare. Ma in attesa che Trump tocchi il fondo, gli investitori si bevono la Coca-Cola.

Di più su questi argomenti: