
la risposta dei mercati
Trump va alla guerra dei dazi con il Canada, ma perde a Wall Street
Il Dow Jones perde ancora a causa del raddoppio delle tariffe al 50% sull'acciaio e l'alluminio, dopo la ritorsione dell’Ontario che ha messo un'extratassa del 25% sull'export di elettricittà negli Usa
Dopo il lunedì nero, che ha registrato la peggiore giornata del Nasdaq in due anni e mezzo (-4%) e una caduta dell’indice S&P 500 (-2,7%), proseguono le vendite a Wall Street. Nella giornata di ieri il Dow Jones ha ceduto 700 punti per poi limitare le perdite (-200) e, soprattutto, è caduta l’industria automobilistica: le tre americane Ford, General Motors e Stellantis, oltre alla canadese della componentistica auto Magna International, hanno perso attorno al 3%.
La ragione è una nuova tappa della guerra commerciale scatenata da Donald Trump contro il Canada. Il presidente degli Stati Uniti ha annunciato ieri, attraverso il social network Truth, un ulteriore dazio del 25% sull’acciaio e sull’alluminio importati dal Canada, portando così al 50% i dazi sul vicino settentrionale (il livello più alto al mondo) dato che oggi, mercoledì 12 marzo, entrano in vigore i dazi generalizzati del 25% sull’import di acciaio e alluminio. È la risposta di Trump alla ritorsione della provincia canadese dell’Ontario.
Il governatore dell’Ontario, Doug Ford, ha infatti imposto una tassa del 25% sull’export di energia elettrica verso gli Stati Uniti, aggiungendo che è pronto ad aumentare questa sorta di dazio – fino a tagliare la fornitura di elettricità – qualora l’Amministrazione Trump dovesse proseguire con le minacce e la guerra commerciale contro il Canada. Non è bastata la sospensione parziale di un mese dei dazi del 25% contro il Canada, concessa nei giorni scorsi da Trump, per i prodotti che rispettano le regole dell’accordo di libero scambio Stati Uniti-Messico-Canada (Usmca, ex Nafta) negoziato proprio da Trump durante il suo primo mandato: “Finché questi dazi non saranno fuori discussione, finché la minaccia dei dazi non sarà scomparsa per sempre, l’Ontario non cederà”, ha dichiarato Ford.
La misura della provincia canadese colpisce circa 1,5 milioni di famiglie e imprese statunitensi negli stati di New York, Michigan e Minnesota. Tra l’altro l’Ontario, attraverso la Lcbo, una sorta di monopolista nella distribuzione di alcolici nella provincia nonché il più grande acquirente di alcolici al mondo, aveva già rimosso tutti i prodotti made in Usa dagli scaffali, causando un danno da 1 miliardo di dollari alle aziende americane. In aggiunta l’Ontario ha vietato alle imprese statunitensi di partecipare alle gare d’appalto pubbliche per un valore stimato di circa 30 miliardi di dollari annui. A questo ora si aggiunge l’extratassa sull’energia elettrica che, secondo le stime della provincia canadese, produrrà ricavi fra 300 e 400 mila dollari al giorno, che verranno pagati da famiglie e imprese americane.
Trump ha rilanciato a modo suo, invocando di nuovo l’annessione del Canada agli Stati Uniti: “L’unica cosa che ha senso è che il Canada diventi il nostro amato cinquantunesimo stato. Questo farebbe sparire completamente tutte le tariffe e tutto il resto”. Ha poi annunciato, oltre ai dazi del 50% su acciaio e alluminio, altri dazi in arrivo per il 2 aprile, quando sarà svelato il nuovo pacchetto di “reciprocal tariffs” per tutto il mondo: “I dazi sulle automobili che arrivano negli Stati Uniti – ha scritto Trump – chiuderanno definitivamente la produzione automobilistica in Canada. Quelle auto possono essere facilmente prodotte negli Stati Uniti!”.
In realtà, per il momento, l’effetto è un affossamento dell’industria automobilistica a stelle e strisce, che subirà un forte aumento dei costi di produzione per i dazi sull’acciaio. Non a caso, sono stati proprio i vertici di Ford, General Motors e Stellantis a chiedere e ottenere il rinvio di un mese dei dazi generalizzati su Messico e Canada che colpiscono la filiera auto integrata dei tre paese. Non c’è, però, modo di sfuggire ai dazi sull’acciaio e sull’alluminio che, a differenza di quelli imposti da Trump nel suo primo mandato, non prevedono né quote né esenzioni. Anche perché è forte la pressione delle aziende siderurgiche che vedono salire le quotazioni dei metalli: la scorsa settimana, i ceo di varie società siderurgiche come U.S. Steel e Cleveland Cliffs hanno scritto a Trump per esortarlo “a resistere a qualsiasi richiesta di eccezioni o esclusioni e a continuare a sostenere con forza l’acciaio americano”.
Lo scontro è in parte rientrato in serata, quando il segretario al Commercio Usa Howard Lutnick, dopo una conversazione con il governatore dell’Ontario, ha accettato un incontro a Washington fissato per domani per discutere del trattato di libero scambio con il Canada prima della scadenza sui nuovi dazi del 2 aprile. In cambio, l’Ontario ha sospeso il balzello del 25% sull’export di elettricità verso gli Stati Uniti. Al netto del caso specifico, ciò che colpisce in generale l’economia e i mercati finanziari è l’incertezza: il processo decisionale caotico dell’Amministrazione (tra dazi annunciati, introdotti, sospesi, raddoppiati e rinviati) e gli obiettivi politici confusi della guerra commerciale di Trump (fentanyl, immigrazione, Cina, deficit commerciale e fiscale) minano la fiducia di famiglie, imprese e investitori spingendo l’economia americana verso una recessione che era impensabile solo poche settimane fa.