contraddizioni

L'ennesima freccia spuntata di Urso contro il "caro prezzi"

Luciano Capone

La Commissione Ue ha aperto una procedura d'infrazione contro l'Italia per la norma anti-shrinkflation. Prima c'erano stati il tetto ai prezzi contro il "caro voli" voli, il cartello contro il "caro benzina" e il "carrello tricolore". Obblighi per le imprese, zero benefici per i consumatori

La norma contro la cosiddetta shrinkflation ideata dal ministro Adolfo Urso, e appena bocciata dalla Commissione europea, rappresenta un triplice paradosso. Il primo è che nella legge annuale sulla Concorrenza il governo Meloni aveva inserito una norma anti concorrenziale. Il secondo è che una norma che ostacola il mercato interno europeo era considerata dal suo ideatore, il ministro delle Imprese, una misura anti-inflazione. Il terzo è che si tratta dell’ennesima norma contro il “caro prezzi”, escogitata dal Mimit, che viene bocciata dalle autorità di controllo perché considerata inutile o sproporzionata. La novità, in questo caso, è che la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia. 

La norma in questione, inserita nel ddl Concorrenza, prevedeva per i produttori di qualsiasi bene l’obbligo di mettere un’etichetta informativa sulla confezione, qualora il prodotto avesse subito una riduzione della quantità a prezzo invariato (quindi con un aumento del prezzo per unità di misura): “Questa confezione contiene un prodotto inferiore di X (unità di misura) rispetto alla precedente quantità” doveva recitare l’etichetta, obbligatoria per sei mesi dalla nuova immissione in commercio. L’obiettivo era quello di contrastare la cosiddetta shrinkflation, ovvero la pratica commerciale usata dalle aziende – spesso in periodi di inflazione – di ridurre la quantità di un prodotto mantenendo lo stesso prezzo (invece di aumentare il prezzo mantenendo la stessa quantità, come più generalmente accade). “Ci siamo mossi subito per porre un freno alla shrinkflation – disse Urso durante una Commissione di allerta rapida di sorveglianza dei prezzi – l’Italia è stata tra i primi in Europa ad aver introdotto una normativa tecnica per arginare il fenomeno. Ancora una volta abbiamo fatto da apripista”.

La pista, in realtà, è rimasta chiusa ancor prima di essere aperta. Perché l’Europa ha bocciato la misura prima che entrasse in vigore (ad aprile 2025 inizialmente, poi a ottobre dopo un rinvio). Secondo la Commissione Ue la norma italiana “non è proporzionata” dato che “sono disponibili altre opzioni meno restrittive” e ha ricordato che “i requisiti nazionali di etichettatura costituiscono un importante ostacolo al mercato interno e compromettono seriamente la libera circolazione delle merci”. Il governo ora ha due mesi per rispondere alle obiezioni e modificare la norma che, peraltro, è comunque morta prima di nascere. 

Perché oltre alla contestazione di merito, la Commissione ha bocciato anche il metodo: l’Italia ha adottato la misura in violazione della procedura Tris, che serve proprio a una valutazione preventiva sulle norme tecniche che possano ostacolare la libera circolazione delle merci, e questo rende la norma disapplicabile (la violazione della medesima procedura ha portato alla disapplicabilità della legge Lollobrigida che vieta la carne sintetica). Non si tratta di un fulmine a ciel sereno, perché proprio nell’ambito della procedura Tris la Commissione europea il 12 dicembre 2024 aveva inviato al governo un parere circostanziato che in sei pagine indicava tutte le criticità e le violazioni a cui andava incontro la norma. A quello della Commissione, si erano aggiunti due pareri circostanziati analoghi di Austria e Svezia. L’Italia ha ignorato sia le osservazioni sia la procedura, e ora si trova impelagata in una procedura d’infrazione.

L’etichetta anti-shrinkflation è una delle tante frecce nella faretra di Adolfo Urso per colpire l’inflazione. Tutte queste frecce, però, si sono in breve tempo rivelate spuntate. O perché illegittime o perché inutili, spesso entrambe. In principio c’è stato il tetto ai prezzi dei biglietti aerei che avrebbe dovuto “sgominare l’algoritmo” e stroncare il “caro voli”. Il tetto ai prezzi era in contrasto con il diritto europeo, e infatti il ministro ha dovuto ritirarla, ma nel decreto per colpire gli abusi di mercato delle compagnie low cost Urso affidò nuovi poteri all’Antitrust che, dopo un anno d’indagine, ha concluso che non c’era alcuna anomalia nei prezzi dei biglietti e non c’era alcun “caro voli”.

Poi Urso escogitò il cartello con il prezzo medio dei carburanti da esporre nei distributori di benzina che, oltre a essersi rivelato inutile, è stato bocciato dal Consiglio di stato. Poi è giunto il cosiddetto “carrello tricolore” (un’iniziativa di moda in Argentina qualche anno fa) che, con tanto di bollino nei supermercati, avrebbe dovuto abbassare i prezzi dei beni di prima necessità, ma è stato talmente inutile che dopo un solo trimestre non è stato rinnovato dal governo. Poco ricordata è l’iniziativa iniziativa “Aggiungi un posto a tavola che c’è un bambino in più”: il ministero forniva un bollino da esporre in vetrina ai ristoranti che si impegnavano a fornire menù per bambini con prodotti tipici e sotto i 10 euro: il progetto è miseramente terminato, anche perché la gran parte degli aderenti erano fast-food che già avevano menù a prezzi bassi (ci sono dubbi sul requisito “prodotti tipici e produzioni di qualità”).

Ora anche l'etichetta anti-shrinkflation, l’ennesimo inutile obbligo messo a carico delle imprese, è finito nel nulla. Tutte le frecce di Urso si sono rivelate spuntate, anche se il ministro è convinto che se l’inflazione si è ridotta è più merito dei suoi bollini che della politica monetaria della Bce. 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali