
(foto Ansa)
Banche
La posizione di Intesa su Assogestioni è lo specchio delle difficoltà di Nagel
L'associazione dei fondi comuni di investimenti è il terzo incomodo nella battaglia per la conquista del cda di Generali. Una scelta sostenuta da Carlo Messina e osteggiata da Mediobanca. Sviluppi e prospettive
Nella battaglia per la conquista del cda di Generali, che vede due cordate contrapposte – Caltagirone-Delfin, da un lato, e Mediobanca dall’altro – si è inserito un terzo incomodo: Assogestioni, l’associazione dei fondi comuni di investimenti. Ormai ci sono pochi dubbi, Assogestioni presenterà una terza lista di candidati consiglieri. Ora, la domanda che tutti si fanno è come mai Intesa Sanpaolo, che in Assogestioni è rappresentata da Eurizon e Fideuram, si sia tanto impegnata per far prevalere una soluzione che Mediobanca ha cercato fino all’ultimo di evitare portando pareri legali contrari? Dentro l’associazione si è consumata nei giorni scorsi una profonda spaccatura su questo punto per il semplice motivo che una terza lista per il cda, soprattutto in quanto espressione dei fondi d’investimento, può incidere in maniera sostanziale sull’esito dell’assemblea di Generali del 24 aprile. La banca guidata da Carlo Messina ha insistito sulla necessità che Assogestioni non rinunci, a maggior ragione in questo particolare caso, al suo ruolo istituzionale che è quello di fare in modo che i gestori dei fondi di investimento e delle società del risparmio siano rappresentati nell’organo esecutivo di una public company come Generali.
Dal punto di vista di Intesa Sanpaolo, la scelta di candidare nomi come Roberto Perotti, che è stato già nel consiglio del Leone, e Dante Roscini, docente alla Harvard Business School, sarebbe stata coerente con l’obiettivo di valorizzare il ruolo di Assogestioni come parte “terza” nei cda come succede da decenni attraverso la nomina di amministratori indipendenti. Dal canto suo, però, Mediobanca avrebbe voluto che Assogestioni si fosse mantenuta fuori dai giochi per la governance, come talvolta in passato ha fatto di fronte ad aspre contese tra soci, ritenendo di essere essa stessa un punto di riferimento per gli investitori di mercato (ha presentato una lista che ripropone l’attuale amministratore delegato, Philippe Donnet, e la prosecuzione di una gestione concentrata su obiettivi di rendimento). In effetti, non si può escludere che la lista Assogestioni vada a pescare voti nello stesso bacino della lista Mediobanca, cioè quello degli investitori istituzionali, riducendone le probabilità di prevalere su quella di Caltagirone, che è espressione dei grandi soci e ha scelto di non indicare, per ora, il candidato per il ruolo di amministratore delegato. Ma a ben guardare la lista Assogestioni può sottrarre consensi ad entrambe le cordate poiché offre un terreno neutrale non solo al mondo degli operatori di mercato ma anche ai soci di minoranza di Generali che non volessero schierarsi da una parte o dall’altra: per esempio, Unicredit, Benetton e Fondazione Crt.
Tra i tre la scelta di voto meno scontata è quella della banca guidata da Andrea Orcel, che potrebbe presentarsi in assemblea con un pacchetto di azioni ben superiore al 5,2 per cento dichiarato determinando il risultato finale. Ad ogni modo, l’associazione dei fondi si è ritagliata un ruolo da protagonista nella battaglia su Generali e a volerlo è stata soprattutto Intesa Sanpaolo visto che diversi altri associati hanno dovuto astenersi dalle decisioni perché in conflitto di interessi a causa del coinvolgimento a vario titolo con le operazioni bancarie in corso. Un’interpretazione maliziosa dei fatti vorrebbe che dietro la scelta di Intesa si nasconda la rivalità storica con Mediobanca, che ha un precedente eclatante nella contesa del 2016 tra Andrea Bonomi e Urbano Cairo per la conquista di Rcs. Il primo sostenuto da Mediobanca-Nagel, il secondo da Intesa-Bazoli-Messina. Tutti sanno come andò a finire. A pensarci, la distanza tra il polo cattolico della finanza rappresentato da Intesa e quello laico da Mediobanca non si è mai accorciata anche se le due realtà non mancano di incrociarsi sul piano del business. In più, Intesa Sanpaolo ha sempre ribadito la sua funzione di banca di sistema e come tale potrebbe avere valutato l’opportunità di assumere una posizione che non potesse essere associata ad un’iniziativa di supporto a Nagel (che da quando Mps ha lanciato la sua operazione su piazzetta Cuccia ha ricevuto decisamente meno sostegni del previsto, almeno pubblicamente). E questo per evitare di intralciare i piani del governo, che sostenendo la scalata di Mps a Mediobanca, è indirettamente schierato anche nella partita Generali. Solo congetture? Chissà. Di certo, l’assedio a Piazzetta Cuccia avanza a tre settimane da un’altra assemblea decisiva, quella del Montepaschi del 17 aprile che dovrà approvare l’aumento di capitale necessario a lanciare l’offerta pubblica di scambio che potrebbe mettere fine agli attuali equilibri di potere della investment bank se Nagel non dovesse avere altre carte da giocare.



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