
H&M con (troppa) IA. La pubblicità con l'avatar della modella è una nuova frontiera con molte incognite
La nuova campagna pubblicitaria dell'azienda svedese e le domande da porsi. La soluzione del marchio di “coinvolgere i gemelli digitali delle modelle nel processo e di lasciare a loro il controllo, anche di posare per altre campagne” non sembra convincente
All’opposto di Dorian Gray, la modella svedese Vilma Sjöberg ha un avatar che, invece di invecchiare in sua vece, le compare al fianco nella prima campagna che H&M ha sviluppato usando l’AI. Il processo ha richiesto la collaborazione della stessa Vilma, che si è fatta scannerizzare in ogni posa insieme con qualche collega disposta a cedere il proprio doppio ai fini della scienza pubblicitario-modaiola. Il risultato è sconcertante, nel senso che è impossibile stabilire chi sia chi e la headline della campagna, pur ironica (“she’s like me, without the jetlag”) non fa ridere per niente. E’ pur vero che un trentennio di Photoshop ci ha abituati a volti ritoccati e ricostruiti anche oltre l’accettabile, ma è evidente che questa sia una nuova frontiera.
Abbiamo chiamato la sede di H&M in Svezia per avere qualche informazione in più sui risvolti legali ed etici della questione; ci hanno risposto che si tratta di un esperimento e di essere curiosi quanto noi di “scoprire come presentare la nostra moda in nuovi modi creativi, abbracciando i vantaggi delle nuove tecnologie, ma rimanendo fedeli al nostro impegno per lo stile personale”. Insomma, il nulla ben vestito.
Qualche anno fa, Levi’s tentò la stessa strada; un po’ perché gli strumenti a disposizione erano meno sofisticati di oggi, un po’ perché eravamo in anni in cui l’inclusione estetica era il diktat al quale tutti dovevano assoggettarsi, la cosa finì fra le polemiche. Ora, la questione torna con molte incognite. La prima: come si protegge l’immagine di una persona dalle manipolazioni quando il web e il deep web pullulano di orrori ben meno sofisticati di questa immagine pulita e perbene? E poi, quanto e come si paga un doppione umano? La soluzione di H&M di “coinvolgere i gemelli digitali delle modelle nel processo e di lasciare a loro il controllo, anche di posare per altre campagne” non sembra convincente. Sebbene H&M pianifichi di creare 30 avatar nel corso dell’anno, e certifichi che segnalerà sempre il loro utilizzo, altri colossi del settore hanno già fatto sapere che non ne seguiranno le orme. Una per tutti Estée Lauder; ma non crediamo che lo faccia solo perché prodotti di bellezza venduti attraverso “estensioni virtuali di persone reali “rischiano di non avere successo”, ma per una ragione molto più antica, cabalistica, che si rifà alla mitologia del golem.