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Altre battaglie. Come leggere l'imminente mossa di Poste su Tim

Mariarosaria Marchesano

La società guidata da Matteo del Fante vuole fare di Tim il punto di riferimento del settore delle telecomunicazioni, che va verso la concentrazione. Sotto il governo Meloni, continua a svilupparsi la strategia di creare “campioni nazionali” e scoraggiare gli acquisti stranieri di asset italiani

Sotto il governo Meloni, continua a svilupparsi la strategia di creare “campioni nazionali” e scoraggiare gli acquisti stranieri di asset italiani. L’operazione Mps-Mediobanca punta a creare il terzo polo bancario del paese. Il gruppo Poste, invece, vuole fare di Tim il punto di riferimento del settore delle telecomunicazioni che va verso la concentrazione. Poche settimane, fa Palazzo Chigi ha sostenuto uno scambio di quote che ha consentito a Poste di rilevare un pacchetto pari al 9,8 per cento dell’ex monopolista dalla Cassa depositi e prestiti. E adesso voci di mercato dicono che Poste potrebbe salire oltre il 20 per cento di Tim, ma comunque sotto la soglia del 25 per cento che innescherebbe l’obbligo di un’offerta pubblica di acquisto.

La società guidata da Matteo del Fante starebbe, infatti, trattando con il principale azionista di Tim, la francese Vivendi, l’acquisto di oltre il 10 per cento della sua quota azionaria (a oggi a poco più del 20 per cento). La crescita di Poste come azionista pubblico di Tim e il progressivo ridimensionamento di Vivendi sarebbe per il governo la soluzione ideale per dare un assetto stabile e di lungo periodo alla società mettendola nelle condizioni di svolgere un ruolo di aggregatore sul mercato delle tlc (ieri le due società hanno annunciato una possibile partnership anche su luce e gas). Tale disegno, però, non esclude la possibilità di accordi con altri operatori privati come Iliad e il fondo Cvc considerando che Vivendi è orientata ad alleggerire ulteriormente la sua posizione. Insomma, quello che da qui a breve potrebbe delinearsi (sicuramente entro l’assemblea del 24 giugno) è un nuovo assetto azionario di Tim che resta diversificato ma con Poste a garantirne l’italianità.

Il gestore telefonico, dopo la cessione della rete fissa, avrebbe corso il rischio di essere fagocitato da un ciclo di operazioni di fusioni e acquisizioni che le autorità europee stanno cominciando ad avallare dopo decenni di frammentazione del mercato. La crescente necessità di investimenti per finanziare l’evoluzione tecnologica, soprattutto nel campo dell’intelligenza artificiale, è il principale fattore che sta spingendo gli operatori a unire le forze. 

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