Oscar Farinetti (LaPresse)

Il colloquio

Farinetti: “I dazi preoccupano. Ma l'Ue può aprirsi ad altri mercati”

Ruggiero Montenegro 

"La risposta deve essere europea, spetta all’Ue negoziare. Bruxelles dovrebbe incaricare un commissario unico, come Merkel o Draghi", dice Il fondatore di Eataly che invita l'Europa ad allargare l'orizzonte, dall'Asia al sul America. "E' una necessità che sosteniamo da anni" 

Roma. “I dazi? Certo che sono preoccupato”. Ma non si perde d’animo, Oscar Farinetti: “Perché magari grazie al protezionismo di Trump, l’Europa potrà accelerare in un percorso unitario”. E poi quello americano “è un mercato straordinario, con tante possibilità di sviluppo. Ma non  l’unico”. 

Il fondatore di Eataly, imprenditore del food (e non solo), ma anche scrittore, risponde al Foglio passeggiando tra i padiglioni del Vinitaly a Verona. Com’è l’umore da quelle parti? “Da un lato è come se nulla fosse accaduto, mai vista tanta gente. Ci sono un sacco di importatori americani. Il nostro vino è un’eccellenza assoluta”. E dall’altro, i produttori italiani? “Sono un po’ allarmati, è naturale  in una situazione del genere. E infatti vale anche per chi produce il Parmigiano Reggiano o il prosciutto di Parma”, aggiunge Farinetti, prima di passare all’analisi della situazione. “Trump ha piazzato un caos inenarrabile e del tutto gratuito”. Che intende? “Ha sbagliato tutto sui numeri, ha detto che l’Europa ha imposto per prima dei dazi al 39 per cento sulle merci americane. Ma è  un calcolo che non esiste, basato su quanto esportiamo. In realtà i dazi europei sono al 2,7 per cento. Per prima cosa,  e senza cedere al linguaggio aggressivo di Trump, dobbiamo spiegare questo agli americani. Il loro progetto si basa su un’analisi sbagliata”. Poi, prosegue l’imprenditore, toccherà a Bruxelles fare la propria parte. “La risposta deve essere europea, spetta all’Ue negoziare. Siamo di fronte a un’emergenza e per affrontarla al meglio Bruxelles dovrebbe incaricare un commissario unico, qualcuno come Angela Merkel o Mario Draghi. Personaggi con l’autorevolezza necessaria. Dobbiamo inoltre rispondere ai dazi con misure uguali e identiche, pur consapevoli che è una follia e che non si tratta della soluzione definitiva”. Nel frattempo, spiega ancora Farinetti, in particolare nel settore agroalimentare, si possono adottare strategie per limitare i dazi.  “E’ quello che stiamo facendo noi. La mia famiglia ha 11 cantine. Esportiamo quasi 10 milioni di dollari di vini in America”. Ci spieghi meglio. “Gli Stati Uniti  hanno un sistema di distribuzione medievale: noi siamo obbligati a vendere agli importatori, che a loro volta si rivolgono ai distributori.  Quest’ultimi alla fine riforniscono i ristoranti. In concreto una bottiglia di Barolo, che noi vendiamo a 40 euro, costerà 48 all’importatore con un dazio al 20 per cento. Ma se gli 8 euro in più vengono isolati e distribuiti in questi quattro passaggi della filiera,  il prezzo finale resta quasi inalterato”.

Si tratta, puntualizza Farinetti, di una soluzione tampone, non applicabile a tutti i prodotti. “Ma nell’immediato può aiutare a minimizzare i danni, in attesa di soluzioni strutturali”. Una di queste potrebbe essere rendere più forte la realtà economica europea, e al contempo aprirsi a nuovi mercati. Si parla del sud America, con il Mercosur, e dell’Asia. “Certo, è una necessità che sosteniamo da tempo. C’è anche l’Africa o l’India. Mio figlio da qualche mese è sempre più spesso in Cina. I due terzi del mondo ancora non bevono vino. Pensi che il mercato vinicolo vale circa 70 miliardi, quello della birra 400. Lo spazio c’è”. Cifre e ragioni che – dice Farinetti – andrebbero spiegati direttamente a Trump. Chissà che non ci provi la nostra premier, che presto dovrebbe volare a Washington. Cosa si aspetta? “Penso che Meloni, sfruttando la sua amicizia, voglia perorare la causa europea, e non portare avanti una negoziazione solo italiana. Vorrebbe dire fare il gioco di Trump, che ci vuole divisi. Nel suo primo mandato, ha imposto dazi al 25 per cento alla Francia e non a noi. Questa volta non possiamo accettare nulla di simile, dobbiamo restare uniti”. 
 

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