
(LaPresse)
Lo scenario
Tutti i danni inferti dai dazi all'industria aerospaziale
La politica tariffaria della Casa Bianca colpisce al cuore le filiere internazionali dell’aviazione civile. Con componenti provenienti da ogni angolo del mondo, l’intero settore è ora alle prese con incertezze doganali, ritardi produttivi e difficoltà di approvvigionamento, in uno scenario che minaccia la stabilità industriale e la competitività globale
Le reazioni globali alle decisioni della Casa Bianca in tema di commercio internazionale, con l’imposizione di dazi abnormi sulle importazioni, possono anche apparire come viziate e amplificate da uno choc isterico, ma in realtà trovano ampia giustificazione nei fatti e nelle conseguenze su tutte le filiere produttive e distributive, su base globale. Per alcuni settori le conseguenze assumono aspetti non solo contingenti, bensì di lungo periodo, con risvolti strategici.
E’ questo il caso dell’industria aerospaziale e vale la pena di analizzare nel dettaglio il settore dell’aviazione civile. Sia per questioni di tipo puramente commerciale (compensazioni per gli acquisti da parte delle compagnie di uno specifico paese), sia a causa di specializzazioni tecnologiche proprietarie di produttori non nazionali, ogni velivolo che esce dalle linee di montaggio, di Boeing, come di Airbus o di Embraer è l’insieme di componenti e di sottocomponenti che provengono da ogni parte del globo. Ad esempio, nel caso del Boeing 787, la fusoliera è composta da spezzoni provenienti, oltre che da produttori statunitensi, dal Giappone, dall’Italia e dalla Corea del Sud, il carrello esce da impianti inglesi e francesi, le ali vengono dal Giappone, la struttura del pavimento interno dal gruppo indiano Tata, le gondole dei motori da Venegono (Varese). E’ chiaro che per ogni componente esiste più di un fornitore, ma è anche vero che i ritmi produttivi hanno un’elasticità molto limitata. Quando poi si analizzano i sub componenti, la situazione si complica ulteriormente e diventa assai oneroso identificare gli originari luoghi di produzione.
L’imposizione di dazi da parte degli Stati Uniti su base prevalentemente geografica, e non per tipologia di prodotto, sta creando nel settore una situazione di grande incertezza, anche perché ogni componente può incorporare parti e materiali di diversa provenienza, a cominciare, ad esempio, dall’alluminio, che è stato assoggettato a un regime particolare. Uno dei risultati è che, in previsione da quello che stava per accadere, fin dal 24 marzo gli uffici doganali americani hanno bloccato le merci in entrata di questo settore (e non solo) per individuare nel dettaglio il contenuto originariamente statunitense, rilavorato all’estero, e l’origine dei materiali impiegati, in modo da poter procedere all’imposizione dei dazi, che come è noto sono differenziati da paese a paese.
In parallelo si stanno avviando negoziati lungo tutte le filiere per la rideterminazione dei prezzi, in che avrà ovviamente conseguenze sul prezzo finale del prodotto. L’insieme di queste problematiche porterà inevitabilmente ad una riduzione dei ritmi produttivi e a un ritardo consistente nelle consegne, il che potrebbe avere effetti dirompenti, in particolare per Boeing che, anche a causa delle gravi problematiche emerse con i due incidenti al modello 737 MAX, ora risolte, e con i ritardi accumulati nella certificazione del 777X, attraversa un momento delicato.
Ma tornando alla questione della produzione di componenti, una reazione prevedibile è quella di cercare altre fonti di approvvigionamento, altri produttori in grado di supplire a quelli che possono venir meno. Purtroppo nello specifico settore la flessibilità è assai ridotta: stiamo parlando di tecnologie di punta, a volte proprietarie, non solo, ma anche di un ambito in cui, per evidenti motivi connessi con la sicurezza, i processi certificativi sono complessi ed onerosi, a partire dall’accertamento dell’idoneità del potenziale fornitore e via via fino alla certificazione del singolo componente. Questi deve infatti superare una serie particolarmente impegnativa di prove nelle condizioni di esercizio, ad esempio nel campo vibratorio, così come in quello delle temperature operative. In buona sostanza l’ambito dell’aerospazio non consente di cambiare fornitore, se non con un processo laborioso, sotto la supervisione degli organismi certificativi, FAA (Federal Aviation Agency) negli Stati Uniti, EASA (European Union Aviation Safety Agency) per i paesi dell’Unione e secondo tempistiche piuttosto dilatate, che possono arrivare ad un anno per un singolo prodotto, fino a due anni e mezzo per un nuovo produttore estraneo al programma.
Come si può facilmente dedurre, le conseguenze per la stabilità dello specifico comparto industriale rischiano di essere dirompenti e richiedono in ogni caso che si faccia al più presto chiarezza sul regime dei dazi che verrà imposto, a evitare che il sistema si paralizzi. Nel frattempo la prudenza è d’obbligo.



Fra politica e pericoli