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Escalation senza fine

Perché quella fra Cina e America potrebbe diventare presto una guerra finanziaria

Mariarosaria Marchesano

Il mercato dei titoli di stato americani ha assunto un ruolo centrale nell’escalation innescata dalla Casa Bianca: ora Pechino potrebbe minacciare il delisting. "Il mercato obbligazionario svolge una funzione strategica”, dice Antonio Cesarano, global strategist di Intermonte

Dalla guerra commerciale alla guerra finanziaria. Ieri l’ex segretario al Tesoro statunitense, Janet Yellen, ha detto che la minaccia di instabilità finanziaria provocata dal calo dei prezzi del debito americano negli ultimi giorni ha probabilmente influenzato la decisione del presidente Donald Trump di invertire la rotta e sospendere parzialmente la sua campagna sui dazi. Le parole di Yellen rendono ufficiale uno scenario che agli occhi di molti osservatori era già chiaro e cioè che il mercato dei titoli di stato americani ha assunto un nuovo ruolo nell’escalation innescata dalla Casa Bianca nel tentativo di stabilire un nuovo ordine del commercio mondiale

Mercoledì il segretario al Tesoro di Trump, Scott Bessent, ha detto in un’intervista a Fox che il delisting delle azioni cinesi dalla Borsa americana potrebbe essere sul tavolo. Una minaccia esplicita in un clima, peraltro, di crescente sospetto sul fatto che le manovre in corso alla Casa Bianca possano favorire il facile arricchimento del cerchio magico del presidente. Ma il cambio di passo da guerra commerciale a guerra finanziaria sta nella cronaca delle ultime 48 ore che il Foglio ha ricostruito con l’aiuto di un esperto di mercati finanziari come Antonio Cesarano, global strategist di Intermonte. “Per capire cosa sta succedendo nei rapporti di forza tra Stati Uniti e resto del mondo, bisogna guardare alle ultime aste dei Treasury. Adesso è il mercato obbligazionario a svolgere una funzione strategica mentre quello azionario ha un ruolo da comprimario”. Ecco i tre momenti che stanno determinando il cambio di passo. Il primo è la notte tra martedì e mercoledì quando c’è stata la grande svendita dei titoli di stato americani sui mercati asiatici. Alcuni sospettano che dietro ci sia la mano cinese. E’ così? “Non ci sono prove”, precisa Cesarano, “ma è plausibile che la Cina abbia voluto punzecchiare l’America, testare un po’ il suo punto debole, del resto basta anche una piccola vendita di Treasury da parte di un soggetto forte per mettere in fibrillazione quella decina di hedge fund che detiene una fetta consistente di debito pubblico americano”. Si è verificata così una reazione a catena. A quel punto Trump ha inasprito ancor di più i dazi nei confronti di Pechino in un’escalation che ancora non si è fermata (i dazi contro la Cina sono arrivati al 145 per cento) mentre ha concesso una tregua agli altri paesi. Il secondo momento è l’asta dei titoli decennali di mercoledì sera. E’ andata bene, i sottoscrittori sono stati per l’88 per cento stranieri, percentuale particolarmente elevata. Gli investitori internazionali erano tornati. A quel punto Trump ha dichiarato: “Il mercato obbligazionario è bello”

Tutto ciò avveniva mentre la Casa Bianca annunciava la tregua sui dazi con gli altri paesi e Bessent ventilava il delisting delle azioni cinesi da Wall Street come ulteriore possibile ritorsione. “E’ plausibile che i paesi extra Cina minacciati dai dazi americani abbiano colto la preoccupazione della Casa Bianca per le turbolenze del giorno prima e siano corsi a comprare Treasury, in cambio di una pausa sui dazi che poi è effettivamente arrivata”. Il terzo momento da tenere d’occhio, infatti, è la giornata di ieri: in serata (mentre questo giornale andava in stampa) si è svolta l’asta dei titoli decennali che è stata preceduta da nuove scosse sul mercato dei futures che hanno anticipato un umore piuttosto negativo degli investitori. “Si è ripetuta una situazione anomala: mentre Wall Street scivolava nuovamente verso il basso dopo il rimbalzo di mercoledì, i rendimenti dei titoli di stato americani salivano, segno che le vendite sono ricominciate. In genere avviene il contrario, quando l’azionario perde gli investitori corrono a comprare debito pubblico e le obbligazioni americane sono un bene rifugio per eccellenza. C’è qualcosa che non torna. Nessuno può sapere di chi sia opera tutto questo, ma è evidente che l’escalation commerciale tra Stati Uniti e Cina ha un ruolo e che il livello dei dazi applicato da Washington a Pechino ha raggiunto un livello tale da diventare un’arma inefficace. Per questo è possibile che le rappresaglie si siano spostate su altri terreni”.

Crede che l’Europa o altri paesi possano aver sostenuto l’acquisto di debito pubblico americano per confermare un trattamento più favorevole sul piano commerciale? “In una fase in cui si sta riscrivendo l’ordine geopolitico mondiale, non si può escludere. Del resto, basta leggere i documenti che hanno fornito il supporto ideologico all’Amministrazione americana per comprendere che era stato già messo in conto che la guerra tariffaria, finalizzata al riequilibrio del deficit commerciale degli Stati Uniti, avrebbe finito con l’avere un impatto anche sui mercati finanziari e valutari, che quella che si sarebbe aperta è una negoziazione a tutto campo, che, tra l’altro, comprende, anche i paesi Opec”. Cesarano si riferisce al paper pubblicato da Stephen Miran, uno dei più fidati consulenti di Trump, a novembre 2024 con un titolo che è tutto un programma: “Guida alla ristrutturazione del sistema commerciale globale”.