(Ansa)

Il grande errore

I dazi e le analisi sbagliate. Non è vero che tutti i mali americani sono provocati dagli stranieri

Lorenzo Bini Smaghi

La politica statunitense è un grave errore economico con effetti negativi sui mercati, sulla fiducia e sull’economia globale. La strategia è vista come ideologica e mal calibrata, con il rischio concreto di una recessione

Anche se l’applicazione è stata sospesa per 90 giorni, la decisione dell’Amministrazione Trump di imporre dazi, in contrasto con le regole internazionali del Wto, passerà alla storia come uno dei più gravi errori di politica economica mai commessi dagli Stati Uniti. Gli storici verseranno fiumi di inchiostro per analizzarne le cause, i motivi sottostanti, lo svolgimento e gli esiti, che a oggi sono difficili da prevedere. Ci sono almeno due precedenti errori che hanno destato l’interesse della letteratura economica. Quello commesso dalla Riserva federale dopo la crisi del mercato azionario nel 1929, quando decise di restringere ulteriormente le condizioni monetarie, prolungando la depressione. E quello commesso dal governo americano, nel settembre 2008, di non intervenire per evitare il collasso della banca Lehman Brothers, sottostimando gli effetti di contagio all’economia globale e provocando la più grave recessione del dopoguerra. In entrambe i casi l’errore è nato da una analisi sbagliata del deterioramento delle condizioni economiche e finanziarie che si stava verificando in quel momento. La situazione attuale è diversa poiché l’economia americana stava attraversando una fase di crescita relativamente favorevole, caratterizzata da una piena occupazione e di inflazione in calo. I mercati azionari avevano accolto favorevolmente l’elezione del nuovo presidente. Non c’erano segnali di crisi in vista.


Il crollo dei mercati successivo al 2 aprile è stato interamente provocato dalle decisioni della nuova Amministrazione. Il rimbalzo, una settimana dopo, in seguito alla sospensione di alcune misure precedentemente adottate, non fa che confermare che si è trattato di un errore madornale, che trae anch’esso origine da un’analisi economica sbagliata, da almeno tre punti di vista. Il primo è quello di considerare il passivo commerciale non solo un problema ma come la fonte di tutti i problemi dell’economia americana. In realtà, il disavanzo commerciale non è che il sintomo di una economia sostenuta principalmente dal debito, in particolare quello pubblico che in meno di un ventennio è passato dal 60 al 120 per cento del prodotto lordo. Il secondo errore è quello di ritenere che i dazi facciano aumentare gli investimenti produttivi, in sostituzione delle importazioni, e possono così favorire la re-industrializzazione dell’America, rendendola così di nuovo grande. Il terzo errore risiede nel presumere che i proventi dei dazi possano al contempo compensare i tagli fiscali già varati e ridurre l’enorme disavanzo pubblico.  


La questione fondamentale, a questo punto, è come se ne esce. La sospensione delle misure annunciate, eccetto nei confronti della Cina, ha dato un respiro temporaneo ai mercati. Ma ha aumentato l’incertezza. Rimane elevato il rischio di una escalation con la Cina, che ha probabilmente una capacità di resistenza maggiore degli Stati Uniti, anche in uno scenario di dazi crescenti. Di sicuro, le imprese non si precipiteranno a investire in America fin quando non sarà fatta chiarezza sulle condizioni competitive. C’è anche la possibilità che nell’immediato le esportazioni verso gli Stati Uniti aumentino ulteriormente, sfruttando la finestra di opportunità senza dazi, peggiorando così il disavanzo commerciale con l’estero. L’aspettativa di un rallentamento dell’economia mondiale sta facendo calare i prezzi del petrolio, rendendo poco redditizia l’estrazione negli Stati Uniti, come invece sperava Trump con il famoso appello al drill-drill. L’aspetto più preoccupante è la risalita dei tassi d’interesse sui titoli di stato americani, nonostante il rallentamento economico, che segnala l’inizio di perdita di fiducia nei confronti del debito pubblico statunitense e del dollaro. 


Data l’origine ideologica degli errori commessi, che si basa sull’idea che tutti i mali americani sono provocati dagli stranieri, siano essi messicani, canadesi, europei o cinesi, è difficile capire come si muoverà l’Amministrazione Trump nei prossimi mesi. L’unica cosa che sembra destare preoccupazione è la reazione dei mercati azionari, da cui dipendono i risparmi dei cittadini americani. Tuttavia, anche se si è per ora evitato il crollo dei mercati, la persistente incertezza sulle prossime mosse di politica economica si ripercuoterà negativamente sui consumi delle famiglie e sugli investimenti delle imprese americane. Difficile che si possa evitare una recessione. In un contesto economico sfavorevole, quanta flessibilità avrà l’Amministrazione americana nel negoziato commerciale? Data la dimensione dell’economia americana, l’Europa risentirà inevitabilmente dei contraccolpi negativi e delle incertezze connesse alle politiche dell’Amministrazione statunitense. Non vedere gli errori altrui può essere altrettanto grave che commetterli.

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