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Fra politica e pericoli
L'indipendenza della Banca centrale americana è davvero in pericolo? Due indizi
Per Powell la potenziale dannosità dei dazi è assai maggiore delle previsioni, ma Trump continua a chiedere con insistenza un taglio dei tassi. Sul piano giuridico, il rischio che l'autonomia della Fed sia compromesa non è da sottovalutare
Oltre a innescare le reazioni degli altri stati, i dazi introdotti dal presidente Trump hanno indotto il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, a esprimere serie preoccupazioni per l’economia americana. Powell ha constatato che l’ampiezza e la potenziale dannosità dei dazi sono assai maggiori rispetto alle previsioni. Ha sottolineato che ne deriva il rischio di un incremento dell’inflazione e di un rallentamento della crescita economica. Si è premurato di precisare che i suoi commenti non costituivano una critica del nuovo indirizzo politico. Ma la replica di Donald Trump è stata immediata e ruvida: “Taglia i tassi d’interesse, Jerome, e smetti di giocare alla politica”. Si può pensare che ciò rientri nella dialettica tra chi detiene il potere politico e la Banca centrale, oppure che l’indipendenza di quest’ultima sia esposta a un grave rischio. Due indizi fanno pensare che il rischio esista.
Il primo indizio è fornito da una recentissima sentenza della Corte federale di appello riguardante le decisioni di Trump di licenziare i componenti di due agenzie indipendenti nominati dai suoi predecessori democratici. Essi sono nominati dal presidente e confermati dal Senato. In base alla legge, possono essere rimossi soltanto per condotta gravemente negligente o per illecito. La validità di questa normativa è stata confermata dalla Corte Suprema – la più alta autorità giudiziaria federale – in un lontano precedente (Humprey’s Executor, 1935) riguardante una tra le principali autorità indipendenti, la Federal Trade Commission.
Ma negli ultimi anni, la stessa Corte Suprema ha limitato la portata di quella pronuncia, affermando che essa non si applica alle agenzie al cui vertice vi è soltanto una persona. Di conseguenza, la garanzia prevista dalla legge dovrebbe applicarsi alle agenzie guidate da un collegio. Il giudice di primo grado, la corte distrettuale, lo ha confermato. Invece, la corte di appello ha deciso a maggioranza (due a uno) che quella normativa limita indebitamente il potere del Presidente di licenziare a suo piacimento quanti sono posti alla guida delle agenzie. Tra queste, potrebbe esservi anche la Fed, cioè la Banca centrale. Resta da vedere se alla fine la Corte Suprema avallerà questa decisione o confermerà la sua pronuncia di novant’anni fa.
Il secondo indizio è che in un’altra controversia già instaurata dinanzi alla Corte Suprema, alcuni docenti di due prestigiose facoltà giuridiche – Harvard e Columbia – hanno presentato una memoria legale per fornire il proprio ausilio ai giudici, illustrando le ripercussioni negative di un’eventuale decisione che incrini l’indipendenza della Banca centrale. I loro argomenti vertono sia sull’economia sia sul diritto. Essi ribadiscono che il buon funzionamento della Fed è essenziale per la stabilità dell’economia americana: basta la percezione, non importa quanto giustificata, che le sue attività possano essere influenzate dai decisori politici per generare danni durevoli. Sotto il profilo giuridico, essi contestano la tesi dei legali della Casa Bianca, secondo cui, anche se il precedente di novant’anni fa non fosse abbandonato, esso non dovrebbe comunque applicarsi alla Fed. All’opposto, secondo gli esperti, poiché la Banca centrale adotta decisioni e regole per salvaguardare il valore della moneta, semmai, dovrebbe intervenire il Congresso, non il Presidente.
Secondo un vecchio detto inglese, due indizi fanno una prova. Il rischio per l’indipendenza della Fed, quindi, va preso molto sul serio. In un altro assetto istituzionale, quello turco, quattro anni fa la decisione del presidente Erdogan di rimuovere il governatore della Banca centrale, che si rifiutava di abbassare i tassi d’interesse, determinò il crollo della valuta nazionale. Un provvedimento simile nella più importante economia mondiale potrebbe avere ricadute ben più ampie, di tipo sistemico.



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