I grillini, che avevano costruito le loro fortune sulla sconfitta della riforma costituzionale proposta da Matteo Renzi e che si erano presentati come alternativa “rivoluzionaria” alla stagione impersonata da Silvio Berlusconi, ora si sono ridotti a implorare la “responsabilità” di Renzi o, in estrema alternativa, un qualche appoggio in extremis da senatori eletti nelle liste dell’odiato ex Cavaliere. Ci sarebbe da ridere se la situazione non fosse diventata così tragica. In condizioni normali sarebbe ovvio ricorrere, dopo il fallimento evidente di una proposta politica demagogica e inconcludente, al giudizio elettorale. Solo l’anomalia di una situazione straordinaria che rende poco praticabile la normale dialettica democratica lascia qualche spazio alla permanenza di un quadro politico dominato numericamente da una formazione fallimentare. Bisognerà aspettare qualche settimana per sapere se il governo a guida grillina riuscirà a passare la nottata, ma è ormai evidente che, quale che sia la conclusione di questa fase convulsa, l’originaria pulsione eversiva dei Cinque stelle è destinata a rifluire in una tattica parlamentare autoconservativa e conservatrice.
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