editoriali
Un varco nel Patto di stabilità
Dopo la lettera Draghi-Macron anche Gentiloni apre alle modifiche
Una riduzione del debito a misura dei singoli stati” è ciò che il commissario Ue per gli Affari economici, Paolo Gentiloni, propone in un’intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung per riformare il Patto di stabilità, la cui discussione, per dirla con Mario Draghi, “occuperà l’intero 2022”.
Il dibattito è stato avviato dallo stesso Draghi ed Emmanuel Macron, che in un intervento congiunto sul Financial Times del 24 dicembre hanno scritto che è necessario “ridurre l’indebitamento, ma non possiamo aspettarci di farlo attraverso tasse più alte o tagli alla spesa sociale insostenibili, né possiamo soffocare la crescita con aggiustamenti di bilancio impraticabili”. E’ evidente il riferimento di Draghi-Macron al rientro dei debiti nazionali verso il 60 del pil attraverso aggiustamenti di un ventesimo l’anno della quota eccedente. Altrettanto evidente è che paesi cronicamente indebitati come l’Italia non possono chiedere deroghe se non a fronte di riforme e investimenti utili, che spingono verso l’alto il tasso di crescita. La pandemia e i sostegni stanziati da Bruxelles (750 miliardi) e dai governi Ue (1.800 miliardi) in parte a fondo perduto, così come la politica accomodante della Bce, sono appunto vincolati a piani di rinnovamento nazionali e contengono una novità non da poco: l’emissione di Eurobond, certo collegata al Covid, ma potenzialmente ripetibile su altri fronti, dalle politiche climatiche alla sicurezza e futuri obiettivi comuni.
La novità proposta da Gentiloni sta nel fatto di prevedere “una visione differenziata delle restituzioni degli stati altamente indebitati”. Come garanzia ogni paese dovrebbe fissare ogni anno un obiettivo di bilancio per la restituzione. Gentiloni è italiano, ma parla da commissario Ue. Ed è la prima volta che accade a proposito della imminente riforma. E’ anche vero che il nuovo governo tedesco è stato fin qui cauto nel prevedere rivoluzioni sul debito comune, al di là di un maggiore uso della flessibilità già esistente. Ma la posizione italo-francese ha aperto un varco politico.