“Fate i conti col passato!”

Giulia Pompili

I consigli (non richiesti) di Merkel a Tokyo.

Ottanta punti di sutura. L’ambasciatore americano a Seul, Mark Lippert, ha parlato ieri con i giornalisti fuori al Severance Hospital di Seul dove ha rimosso i punti di sutura. Era stato attaccato il 5 marzo scorso con un coltello da un nazionalista coreano durante un incontro pubblico. Lippert ha detto che la sua missione resterà “amichevole e aperta”. Kim Ki-jong, l’assalitore, era conosciuto alle forze dell’ordine sudcoreane per aver assalito, nel 2010, anche l’ambasciatore giapponese a Seul. Aveva poi oltrepassato il confine con la Corea del nord almeno sei volte, attraverso il complesso industriale di Kaesong, condiviso dalle due Coree. Pyongyang ha fatto sapere di non avere niente a che fare con il signor Kim, ma che “il coltello della giustizia” ha punito, giustamente, per le esercitazioni militari tra America e Corea del sud.

 

Armi e bagagli. Il governo sudcoreano ha ribadito la sua contrarietà all’acquisto del Terminal High Altitude Area Defense (THAAD), il sistema antimissilistico americano, sviluppato da Lockheed Martin, che consente di abbattere missili balistici a medio e corto raggio. E’ una questione di cui si parla da parecchio, ma giorni fa il governo di Seul ha voluto riaffermare il suo niet. Il fatto è che invece di comprare i missili dall’America per la modica cifra di (almeno) 800 milioni di dollari, la Corea del sud sta sviluppando un proprio Corea Air and Missile Defense (KAMD), una mossa che sembrerebbe non piacere granché a Washington (che in Corea del sud ha 28.500 uomini dell’esercito). Lo scorso anno la Russia disse di essere contraria all’istallazione di un sistema antimissilistico americano sulle coste sudcoreane, ma secondo il Washington Free Beacon sarebbe stato direttamente il presidente cinese Xi Jinping a consigliare alla presidente sudcoreana, Park Geun-hye, di allontanare definitivamente il progetto americano.

Un eventuale coinvolgimento della Cina nella lotta contro lo Stato islamico è probabilmente sempre più vicino. Ieri un funzionario di Pechino ha detto che le forze dell’ordine cinesi hanno arrestato alcuni terroristi uiguri (i musulmani dello Xinjiang), che si sarebbero uniti all’Is per poi tornare in patria a combattere contro lo stato centrale.

 

Fate come la Germania. La cancelliera tedesca Angela Merkel, in visita di stato in Giappone, durante la conferenza stampa congiunta con il primo ministro Shinzo Abe ha mandato un messaggio chiaro al governo di Tokyo. Dopo aver premesso di non essere nella posizione di poter dare consigli al Giappone, Merkel ha detto che la Germania ha fatto i conti con le atrocità compiute durante la Seconda guerra mondiale, e che insomma, l’unico modo per rappacificarsi con i vicini – Cina e Corea del sud in primis, nel caso di Tokyo – è quello di affrontare la realtà e chiedere scusa. Fumio Kishida, ministro degli Esteri di Tokyo, ha detto ieri durante una conferenza stampa che “non è opportuno fare un semplicistico parallelo tra i due paesi”, e questo perché il Giappone e la Germania hanno vissuto in modo diverso la guerra e hanno vicini diversi.

 

State calmi. I rapporti diplomatici tesissimi di Tokyo con Pechino e Seul iniziano a far innervosire anche Washington. Wendy Sherman, sottosegretario di stato americano per la Politica estera, lo scorso 27 febbraio ha detto che i problemi tra Giappone, Corea del sud e Cina sono “comprensibili, ma possono essere anche frustranti”. Per la Sherman un leader politico prende applausi facilmente insultando un nemico del passato, ma si tratta di “provocazioni che producono la paralisi, non progressi”. Le dichiarazioni hanno provocato le ire del partito sudcoreano New Frontier, che siede nel Parlamento di Seul. Il leader del partito ha accusato l’Amministrazione di Barack Obama di non capire la gravità dei problemi della regione.

 

Tutti contro la Cina. Il primo ministro indiano, Narendra Modi, ha iniziato il suo viaggio di stato in tre paesi dell’Oceano indiano. Modi sarà nella Repubblica di Seychelles, nella Repubblica di Mauritius e concluderà il suo viaggio in Sri Lanka, una visita storica (da 28 anni nessun primo ministro indiano visita il paese). Incontrerà il presidente singalese Maithripala Sirisena, e sarà un grande colpo diplomatico. Ma il vero motivo del viaggio di stato di Modi è che da tempo la Cina ha messo gli occhi su quella regione dell’Oceano indiano.

 

Wasurenai, non dimenticheremo. 15.891 morti, 2.584 persone disperse. 229 mila persone che non hanno ancora una casa dove andare. Nella giornata di oggi, quattro anni fa, il terremoto più forte mai registrato in Giappone, il quarto nel mondo, ha colpito la regione del Tohoku, in Giappone. Un sisma del nono grado della scala Richter alle 14,46, che provocò l’onda di un maremoto inarrestabile, che colpì la costa meno di un’ora dopo. In un attimo l’acqua arrivò anche alla centrale nucleare di Fukushima. Quattro anni dopo, in quella zona, è ancora difficile parlare di recupero. Questa mattina alle 6 e 46 esatte, in contemporanea con il Giappone e altre città del mondo, nella piazza del Campidoglio di Roma anche l’Italia partecipa al minuto di silenzio, per non dimenticare il disastro.

Il Giappone ha ricordato ieri – con una cerimonia alla quale hanno partecipato membri della Casa imperiale e tutto il governo – un altro capitolo doloroso della sua storia, il bombardamento di Tokyo avvenuto nel 1945. L’aviazione americana lanciò a pioggia bombe incendiarie che in una notte fecero almeno centomila vittime.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.