Kerry apre a un negoziato con il siriano Assad. Ma non voleva cacciarlo?
Alla fine si dovrà negoziare con Bashar el Assad, dice il segretario di stato americano John Kerry, in un’intervista alla Cbs all’inizio di una settimana cruciale per la diplomazia statunitense. Era chiaro già da tempo che sia gli Stati Uniti sia l’Onu avevano da tempo messo da parte la possibilità di togliere Assad dalla guida della Siria, ma questa apertura così esplicita arriva all’inizio di una settimana cruciale per la diplomazia americana: l’obiettivo entro il 24 marzo è un accordo con la Repubblica islamica d’Iran sul programma nucleare.
Da anni l’Amministrazione Obama forgia la sua politica estera cauta e attendista sulla base di questa trattativa che ormai a Washington è vista come inevitabile se non necessaria (necessaria in particolare alla legacy obamiana altrimenti piuttosto scarna): l’invito al negoziato ad Assad è soltanto l’ultimo tassello di questa strategia già abbastanza visibile anche nella guerra contro lo Stato islamico in Iraq. Certo è un passo clamoroso (e offensivo per coloro che si aspettavano un intervento anti Assad), se si pensa che meno di due anni fa gli Stati Uniti stavano per bombardare Damasco, dopo che Assad aveva utilizzato armi chimiche contro il suo stesso popolo. Era “un’oscenità morale”, disse Kerry allora, e non pareva immaginabile la beffa di oggi, con Assad perno della lotta al terrorismo, lui che il terrorismo lo ha sempre alimentato.