Il fascioambientalista Al Gore vuole punire gli scettici del clima
New York. Forse galvanizzato da un’arietta che lo vorrebbe ancora candidato alla presidenza, in rotta di collisione con Hillary, e certamente messo a suo agio dal consenso ideologico imperante in fatto di cambiamenti climatici, Al Gore non ha avuto paura di darci dentro, portando il solito discorso a un nuovo livello. Ora, dice, chi nega i cambiamenti climatici deve “pagare un prezzo”. Al festival SXSW di Austin ha enunciato la logica secondo cui i politici e gli scienziati che contestano la versione ufficiale sul riscaldamento globale dovrebbero essere sanzionati. Gli investimenti sulle energie rinnovabili stanno crescendo, ha spiegato a una platea di startupper ideologicamente allineati, e per “sostenere il trend dobbiamo rendere più costosi i combustibili fossili”. Per fare questo, ha concluso, “dobbiamo mettere un prezzo al negazionismo”. Non ne fa un fatto d’opinione, il gran maestro di tutti i catastrofismi ambientali, ma di evidenze scientifiche incontestabili. E se sono incontestabili, chiunque si oppone può e deve essere legittimamente punito; è quasi un dovere civile imporre una gabella sulle idee che frenano la gran corsa verso un mondo sostenibile, contro ogni dato disponibile. Se si considera poi i disastri che Gore attribuisce ai cambiamenti climatici, forse i negazionisti vanno trattati addirittura come criminali di guerra: lo Stato islamico non è che l’ultimo anello di una reazione a catena iniziata con la siccità mediorientale, dunque è il minimo che chi nega l’inoppugnabile fenomeno venga punito. Gore non specifica se questo avverrà con un sistema di multe o con squadracce armate di manganelli biodegradabili, ma lui è certo che presto anche il Papa si unirà alla battaglia climatica con un’enciclica ad hoc, e allora nessuno potrà opporsi conservando la ragionevolezza. “Al Gore vuole punire i negazionisti (gli scettici?). Chi sono i prossimi, intere facoltà universitarie?” ha twittato sarcastico Rupert Murdoch, sentendo puzza di bruciato per il rogo del Primo emendamento.
Al Gore non è che il più illustre rappresentante del fascioambientalismo. A febbraio un gruppo di democratici al Congresso ha mandato oltre cento minacciose lettere ad altrettante istituzioni che ospitano o promuovono opinioni alternative sui cambiamenti climatici e sulle colpe dell’uomo in materia. I parlamentari chiedono ai think tank informazioni sulle fonti dei loro finanziamenti, paventando velatamente controlli su una materia delicata per tutti i centri di ricerca. Di recente alcune inchieste giornalistiche hanno mostrato che illustri pensatoi di qualunque orientamento politico ricevono fondi da governi stranieri o vivono rapporti incestuosi con le banche d’affari di Wall Street, ma alla senatrice Barbara Boxer e ai suoi compagni interessa soltanto indagare se i nidi dei negazionisti sono finanziati dai signori del combustibile fossile. Il presidente dell’ultraliberista Cato Institute, John A. Allison, ha risposto a chiare lettere: “Non è una sorpresa per nessuno che non siate d’accordo con il Cato sui cambiamenti climatici, ma questo non vi dà il diritto di usare l’enorme potere dello stato federale per intimidirci”.