Altro che islamofobia. Anche Libération scopre il torbido sistema di fianziamenti delle moschee in Francia
Parigi. Dal quotidiano che aveva lasciato scrivere all’avvocato star dei salottini televisivi della gauche Nicolas Gardères che l’attentato terroristico a Charlie Hebdo aveva “la brutta faccia di Renaud Camus, Eric Zemmour e Marine Le Pen”, ripetendo fino alla nausea che gli “islamofobi” e l’“islamofobia” erano più pericolosi del terrorismo islamista, era difficile aspettarselo. Ma anche a Libération hanno finalmente aperto gli occhi su una realtà che è ben più pericolosa per la Francia di una conferenza di Camus, di un saggio di Zemmour, o di una dichiarazione anti islam della Le Pen: quella del finanziamento delle moschee e delle sue numerose zone d’ombra.
Il quotidiano della gauche ha dedicato oggi la sua “une” e un’inchiesta di sei pagine a quello che definisce come l’“ultimo occultamento” del governo socialista, ossia l’opaco sistema di finanziamento dei luoghi di culto musulmani, che, senza l’ingente e tutt’altro che trasparente apporto di fondi provenienti dall’estero, non potrebbero sorgere sul suolo francese. A due mesi dall’uscita del libro esplosivo di Joachim Véliocas, “Ces maires qui courtisent l’islam”, Libé rivela le relazioni torbide tra sindaci e associazioni islamiche in Francia, il clientelismo elettorale che si nasconde dietro fiumi di belle parole come “integrazione pacifica” e “dialogo interreligioso”.
L’editoriale del direttore, Laurent Joffrin, è un attacco diretto all’esecutivo socialista: “Nonostante le parole rassicuranti dei poteri pubblici, la nostra inchiesta mostra che buona parte dei finanziamenti delle moschee provengono da paesi stranieri, seguono procedure opache e senza alcun tipo di controllo. Come le vie del Signore per i cristiani, i finanziamenti di Maometto sono impenetrabili…”. E ancora: “Quando si tratta di governi amici che contrastano gli integralismi, il male è circoscritto. Ma altri paesi musulmani, nel Golfo per esempio (e qui il riferimento al Qatar è chiarissimo, ndr), conducono un’azione perniciosa di proselitismo fondamentalista che finisce per influenzare pericolosamente i musulmani di Francia”. Poi il gancio finale: “Arriva un momento in cui la laicità dura e pura produce l’effetto contrario: l’ascesa di un islam rigorista che favorisce tutte le derive. È il miglior modo di facilitare l’integrazione dei musulmani alla comunità nazionale? L’inferno integralista è spesso lastricato di buone intenzioni repubblicane”.
Il pezzo di apertura dell’inchiesta è altrettanto duro: “La locazione degli ipocriti”, titola Libé, accusando quei sindaci, sia di sinistra che di destra, che aggirando furbescamente la legge sulla laicità del 1905, fanno innalzare moschee, sale di preghiera o madrase camuffate da centri culturali e istituti repubblicani in cambio del consenso elettorale. Libé accusa quegli “ipocriti” che si genuflettono alle richieste delle associazioni islamiche locali, tenuti in ostaggio dal terrore di essere tacciati di “razzismo”. “Politicamente, nessuno vuole prendere il rischio di passare per razzista opponendosi ai progetti di moschee”, dice a Libé M’Hamed Henniche, segretario generale dell’Union des associations musulmanes de Seine-Saint-Denis (Uam-93). Interrogato dal quotidiano progressista, Franck Frégosi, sociologo delle religioni, definisce questa pronunciata benevolenza degli eletti locali nei confronti delle popolazioni musulmane come “un nuovo clientelismo”, tra i più prosperi in Francia.
I due autori del pezzo, Bernadette Sauvaget e Willy Le Devin, parlano del finanziamento dei luoghi di culto musulmani come “un soggetto tabù” e allo stesso tempo “un’ipocrisia francese”, nonostante sia Hollande sia Valls lo considerino un “non-soggetto”. Tuttavia, in seno al Parito socialista, non tutti tengono la bocca cucita a proposito. È il caso di Malek Boutih, deputato dell’Essonne e da sempre allergico al pensiero unico che regna nel suo partito, che nel gennaio scorso aveva rischiato di farsi cacciare per aver denunciato i patti scellerati tra gli “eletti locali corrotti del Ps” e gli “islamonazisti delle cité”. Lo stesso ha fatto un altro deputato socialista di spicco come Razzy Hammadi, che su I-Télé ha attaccato le “vigliaccherie” di “alcuni eletti locali che hanno negoziato la costruzione di moschee in cambio del voto” delle comunità musulmane.
[**Video_box_2**]Un ex ministro contattato da Libération ammette senza remore che è stato obbligato a “bidouiller”, cioè a trafficare per portare a termine la costruzione della moschea nella sua città, sia per quanto riguarda l’“interpretazione” della legge sulla laicità del 1905, sia per la ricerca del finanziamento. Finanziamento che, come per la quasi totalità delle moschee esistenti in Francia e di quelle in fase di costruzione, ha necessitato l’apporto di fondi esteri, provenienti per la maggior parte dal Marocco, dall’Algeria e dalla Turchia. Paesi, che oltre a fornire i soldi per costruire materialmente i luoghi di culto musulmani, forniscono anche i loro imam, tramite accordi siglati con Parigi, garantendone lo stipendio.
“I 350 progetti di luoghi di culto musulmani in corso necessitano un miliardo di euro di finanziamenti. Le intense collette durante il ramadan, le elemosine durante la grande preghiera del venerdì, il sostegno degli imprenditori edili musulmani, le quote (molto in voga in questo momento) dei fedeli non sono sufficienti”, scrive Libé. Per questo si rivelano essenziali per ultimare i progetti di moschee le “donazioni estere”, sulla cui provenienza, permane la più totale incertezza e ambiguità. “Oggi non abbiamo alcuna informazione, e sottolineo alcuna, circa la maniera in cui i luoghi di culto che si costruiscono vengono finanziati e in primo luogo le moschee”, ha deto a Libé il senatore centrista (Udi) Hervé Maurey, recentemente autore di un rapporto sui luoghi di culto. “Nessuna regola di trasparenza è mai stata posta. Mettendo delle regole, sapremo finalmente chi finanzia e potremo allo stesso tempo capire perché e con che obiettivo”.
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