Perché in Inghilterra il principale finanziatore dei laburisti abbandona Miliband e sotto sotto fa il tifo per Cameron
Roma. Nel pomeriggio le dichiarazioni alla stampa di David Cameron davanti al Numero 10 di Downing Street daranno il via ufficiale alla campagna elettorale che sfocerà nelle elezioni generali del 7 maggio. Il premier e leader del partito conservatore ha definito questa come la campagna elettorale “la più importante nell'arco di una generazione”.
Per i conservatori, un ritorno dei laburisti al governo si tradurrebbe nel “caos economico”. I laburisti di Ed Miliband criticano invece Cameron per l’intenzione di indire un referendum popolare sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione europea perché considerano “catastrofico” il distacco. Cameron non ha preso una posizione.
Nei mesi scorsi il partito laburista, a corto di idee in economia, s'è lanciato in una campagna d'attacco al grande business che ha peggiorato non poco la percezione del Labour agli occhi degli uomini d'affari della City. Stefano Pessina, ceo di AllianceBoots, è stato il capro espiatorio. Diversi esponenti dell’establishment economico hanno difeso il manager di origini pesaresi e, a loro volta, hanno attaccato Miliband e compagni.
Per cercare di riconciliarsi col mondo degli affari, il Labour ha appena comprato una pagina del Financial Times nella quale si insiste sulla minaccia di una Bretix (l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue).
Tuttavia uno dei principali finanziatori della campagna elettorale laburista, del tutto disinteressato alle relazioni europee dell'isola, esorta il “suo” candidato premier a ripensare immediatamente i suoi piani di penalizzazione dei cittadini più ricchi (ripristinare aliquota del 50 per cento per i redditi superiori alle 150 mila sterline, e aumento dell’imposta sulle case di lusso). Assem Allam – ha elargito 400 mila sterline al partito – ha detto al Daily Telegraph che il leader laburista deve smetterla di demonizzare il grande capitale e ripensare all'idea di introdurre una tassazione alta per i più ricchi e per le grandi proprietà immobiliari aggiungendo che Miliband dovrebbe prendere lezioni da Margaret Thatcher in merito a come rapportarsi con i sindacati e sostenere gli imprenditori.
Allam, egiziano d'origine, dice di essere arrivato in Gran Bretagna nel 1968 con poco più di 20 sterline e adesso gestisce un business da 300 milioni di sterline; è proprietario di Allam Marine, azienda di generatori, e del club calcistico di Premier League Hull City.
"E' molto difficile dire se (i laburisti) vinceranno le elezioni. L'unico modo per rendere tutti ricchi è sostenere i ricchi affinché lo diventino di più. Se invece continuiamo a parlare questo linguaggio penso che non sia un bene per il futuro del partito. Dobbiamo smetterla di ripetere tassate i ricchi, facciamo questo, facciamo quello, la tassa sulle case di lusso. Abbiamo bisogno di qualcosa di diverso. Qualcuno riuscirà a convincermi che senza chi produce ricchezza saremo una nazione mogliore? Penso di no. I conservatori hanno un buon punto forte, ovvero la loro capacità di gestire l'economia. Penso che Ed abbia bisogno di essere un po' più spostato a destra", ha detto Allam.
Allam ha anche criticato uno dei (tanti) punti deboli della campagna di Miliband. "Lui dice che la distanza tra ricchi e poveri non si sta accorciando. Che fastidiosa dichiarazione. Allora dico: diamo per buono che il divario sia minimo. Quello è il comunismo, o no? C'è bisogno di chi crea ricchezza nella società. Dichiarazioni del genere sono fatte per attirare elettori. Ma non sono veritiere. La tassa sulle abitazioni, ad esempio, penalizza chi crea ricchezza e dà lavoro”.
E' palese che Allam quantomeno simpatizzi per i conservatori e per Cameron. E allora perché finanzia i laburisti? La motivazione è strategica. "Sono per il bipartitismo – dice – voglio però cominciare un processo di riduzione della dipendenza del Labour dai sindacati" che sono i principali "tesorieri" del partito. Al punto che a una cena con Tony Blair e Miliband, Allam propose di donare fino a 1 milione di sterline se i sindacati, le unions, avessero ridotto di molto i loro finanziamenti.
L'editoriale dell'elefantino