Dalla notte insonne di Losanna ancora non esce il deal sul nucleare iraniano
Si annuncia una “nuova fase” dei negoziati, ma resta il problema della reversibilità delle sanzioni. E tutti già guardano al prossimo round.
La giornata del reset inevitabile tra l'Iran e il gruppo dei 5 più 1, il minore o il maggiore dei mali a seconda del punto di osservazione, si trascina accidentata dalle prime ore del mattino. Dopo una notte quasi insonne – i ministri degli Esteri si sono salutati a mezzanotte, mentre i tecnici sono andati avanti fino alle due del mattino – i delegati chiamati a sciogliere i nodi del negoziato sul nucleare di Teheran si sono ritrovati alcuni alle 6 e altri alle 7 del giorno dopo.
Il ministro degli Esteri inglese Philip Hammond è stato fotografato durante la prima sessione di colloqui con la testa china e le mani sulla testa, la maratona notturna non sembra aver sortito granché, la stanchezza abbassa le difese e i diplomatici esausti e ciarlieri confessano che non sanno come andrà a finire. La sensazione è che il momento storico potrebbe essere rimandato. Non ci sarà una svolta e non ci sarà un collasso del processo negoziale, sentenziano la maggior parte dei commentatori quando l'Associated Press rivela che a breve sarà annunciato l'inizio di “una nuova fase” dei colloqui (Julian Borger del Guardian cita invece fonti secondo le quali “l'idea di una nuova fase è prematura”).
L'accordo ad interim siglato con Teheran il 24 novembre 2013 scade il 30 giugno, la deadline autoimposta del 31 marzo per l'accordo-quadro può essere rimandata (forse non oltre il 13 aprile, perché il 14 il Congresso riapre e nuove sanzioni votate contro Teheran farebbero precipitare tutto), tuttavia non sfugge a nessuno che la probabile estensione di oggi indebolirà i protagonisti della trattativa e alcuni più di altri (paradossalmente più il segretario di stato americano John Kerry che il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif).
Ma cosa si nasconde dietro la sibillina “nuova fase”? Una semplice estensione? Un documento su quanto finora concordato? E quanto potrà essere dettagliato questo documento se l'Ayatollah Ali Khamenei non vuole essere limitato da princìpi di massima vaghi e potenzialmente onerosi e di converso il presidente Barack Obama ha bisogno di un pezzo di carta pesante da presentare al Congresso?
Ieri la parola d'ordine a Losanna era guardare verso Ginevra. Se l'accordo quadro fosse stato raggiunto sarebbe stato annunciato su quella porzione del Lac Léman. Le indiscrezioni (non confermate) che filtrano dal Beau Rivage Palace suggeriscono, invece, che una dichiarazione congiunta potrebbe uscire dal Politecnico di Losanna.
[**Video_box_2**]Nel frattempo, mentre Zarif e Kerry ostentano calma, il grande assente, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, ha iniettato nuova linfa nella danza delle previsioni dichiarando prima del suo ritorno a Losanna che “le possibilità di raggiungere un accordo sono piuttosto buone”. Lavrov non ha accennato affatto alla reversibilità della sospensione delle sanzioni contro l’Iran in caso di violazioni iraniane, e pare indicare una tempistica che va nella direzione auspicata da Teheran. E tuttavia non è affatto chiaro se Mosca si addentra su questo terreno (al centro dei colloqui di questa mattina tra i delegati Abbas Araghchi e Cindy Sherman) per soccorrere Teheran o piuttosto per complicare la trattativa a Kerry.
“Noi vogliamo un accordo. Loro ne hanno bisogno. La tattica del negoziato dovrebbe riflettere questa asimmetria” ha detto il 3 marzo l'ambasciatore francese a Washington, ma a Losanna nessuno vuole davvero contemplare l'ipotesi della sconfitta e le geometrie negoziali restano misteriose.
I conservatori inglesi