Matteo Renzi e Francois Hollande (foto LaPresse)

Un po' più vicini a Parigi

Jean-Pierre Darnis
Il rapporto tra francesi e italiani sulla politica internazionale non è mai stato semplice, dallo “schiaffo di Tunisi” del 1881 alla spinta franco-britannica per l’intervento in Libia del 2011, il Mediterraneo ha spesso generato rivalità e incomprensioni fra Roma e Parigi.

Roma. Il rapporto tra francesi e italiani sulla politica internazionale non è mai stato semplice, dallo “schiaffo di Tunisi” del 1881 alla spinta franco-britannica per l’intervento in Libia del 2011, il Mediterraneo ha spesso generato rivalità e incomprensioni fra Roma e Parigi. Ma sulla Libia esiste una convergenza tra i due paesi, e ragionando in termini di interesse nazionale, la definizione di un umanitarismo efficace crea le condizioni per una collaborazione con la Francia nella gestione delle crisi del nord Africa.
I francesi sono gli unici oggi ad avere i “boots on the ground” in Africa con l’operazione Barkhane, tremila uomini fra Ciad, Niger, Mali e Burkina Faso. Questo dispositivo militare è l’erede di operazioni precedenti, come l’intervento in Mali del 2013 per cacciare le truppe islamiste del nord, ma riprende anche il tradizionale appoggio francese al Ciad. La base francese di Madama nel Niger si trova proprio alle porte della Libia e mira a controllare ed eventualmente contrastare i traffici nella zona frontaliera. La strategia della Francia nella regione va legata alla storia post coloniale,  certo, ma l’obiettivo di Parigi oggi è la ricerca della stabilità e la lotta contro il terrorismo, un’esigenza molto forte dopo gli attentati di gennaio: la repressione e l’uccisione di cristiani è percepita nella laica Parigi come una guerra di civiltà alla quale bisogna rispondere. In questo senso, esiste un’identità di visione tra francesi e americani e la Francia appare come il migliore alleato statunitense in Europa, anche da un punto di vista militare. Parigi si sente però sola, perché non può contare sul sostegno militare degli alleati europei. Molti a Parigi, come in Italia, sono critici sull’intervento in Libia del 2011, e la Francia paga il conto della destabilizzazione della zona del Sahel.

 

I paesi europei condividono gli obiettivi dell’azione della Francia – la lotta contro la minaccia terroristica – però nessuno ha aiutato la Francia in Mali.

 

Il collasso della Libia sta provocando una reazione italiana: la stabilizzazione e il controllo delle frontiere rappresentano un interesse nazionale prioritario. Gli Stati Uniti sono ovviamente d’accordo, ma si aspettano che l’Italia assuma le sue responsabilità e giochi un ruolo di peso in un’iniziativa diplomatica ed eventualmente militare – esito inevitabile della dottrina obamiana del “leading from behind”. Il governo italiano è abituato a lavorare in coalizioni a guida americana, ma un ruolo da leader in un’operazione di grande respiro può rappresentare un salto di qualità (ed esistono problematiche politiche e giuridiche non indifferenti per una democrazia parlamentare come l’Italia che non può agire senza consenso interno).

 

[**Video_box_2**]In questo sforzo diplomatico-militare il dialogo con Parigi può essere utile. La Francia rappresenta oggi l’alleato più vicino che fa da guardia al sud della Libia: Parigi ha truppe in Niger – un paese che fa parte delle priorità della cooperazione italiana e con il quale l’Italia ha firmato nel 2010 un accordo bilaterale di contrasto all’immigrazione clandestina, al traffico di droga e al terrorismo. Per questo motivo alcuni funzionari francesi fanno sorridere i loro colleghi italiani quando chiedono che l’Italia “dia una mano alla Francia in Africa, ad esempio in Niger”. Gli italiani vogliono una definizione degli obiettivi politici, un mandato delle Nazioni Unite e poi, eventualmente, un’azione militare congiunta. Ma questi obiettivi politici sono già chiari per i francesi (la lotta al terrorismo di matrice islamica) e la richiesta francese di appoggio militare significa anche un’apertura di credito politico oltre la questione specifica, per non parlare della competenza nell’eventualità di interventi militari sulle coste libiche.