Nella Russia della crisi economica il paternalismo dello stato non va più di moda
Nei racconti che ormai da tredici anni improvvisa in diretta, il presidente si presenta ai russi come un misto tra Superman, Babbo Natale e l’amministratore di condominio. La storia del cucciolo Gosha è stata probabilmente la più facile, e anche la meno impegnativa, visto che Boris ha fatto tutto da solo, a costo zero per lo stato. Le altre richieste al presidente sono state molto più drammatiche. La donna della Khakassia che piange davanti alla sua casa distrutta dai roghi forestali. La mamma della bambina con la leucemia che chiede le medicine, teoricamente gratuite, ma praticamente non più disponibili nelle farmacie da tre mesi. La bimba paralizzata che ha chiesto un attrezzo da palestra da 400 euro per imparare a camminare, perché nell'ospedale della sua città non c'è. La pensionata che si lamenta per l'aumento del 60 per cento della Rc auto obbligatoria, e che non può permettersi di pagare, “a noi l'auto serve per arrivare all'orto, che sfama tutta la famiglia”. Il veterano di guerra ancora senza casa, nonostante decenni di promesse governative. La signora che non riesce a dare da mangiare ai figli con l'assegno maternità, perché “i prezzi non fanno che aumentare e i salari diminuiscono”. Il lamento di una Russia povera, smarrita, disperata tra la crisi economica e le tenaglie della burocrazia, e perfino il conduttore della tv di stato, osservando Putin che prende con fare deciso appunti promettendo un pronto intervento, ha osato osservare che non si tratta di incidenti isolati, spiacevoli eccezioni in un sistema che funziona, ma che “di questi casi ce ne sono centinaia”.
Il tono della diretta televisiva di quest'anno è stato sommesso rispetto alle volte precedenti: niente bambine di provincia che chiedono a Putin “un abito come quello di Cenerentola”, o l'albero di Natale. E’ cambiato anche l’approccio delle autorità verso questi milioni di sventurati e questuanti. La signora che aveva denunciato la crescente povertà è stata individuata dai funzionari della sua regione, che l'hanno immediatamente rimproverata per non essersi iscritta alla banca dati elettronica dei richiedenti assistenza sociale, il che ha reso più difficile trovarla. Poi hanno scoperto che il suo assegno di maternità era più basso del dovuto perché la donna – cresciuta in un orfanotrofio e impiegata in lavori non qualificati – era pagata in nero, ed è stata rimproverata una seconda volta per non aver denunciato il suo datore di lavoro. Le vittime dei roghi forestali sono stati bacchettati dal rappresentante di Putin in Siberia, Nikolay Rogozhkin, perché non avevano voluto sganciare 500 euro per intestare le case a loro nome durante le procedure di privatizzazione, e adesso pretendono i rimborsi per abitazioni che formalmente non sono di loro proprietà. Rogozhkin ha anche esposto la teoria che la taiga viene incendiata da speciali squadre di oppositori addestrati, e perfino il Cremlino ha dovuto smentirlo ricordando che l'epidemia dei roghi scoppia ogni anno perché i locali incendiano l'erba nei campi. Una piaga alla quale il presidente del Senato, Valentina Matvienko, ha proposto di ovviare con l'assicurazione obbligatoria delle abitazioni, suscitando però un'ondata di indignazione da parte dei russi che 15 anni dopo la sua introduzione considerano ancora l'assicurazione sull’automobile un balzello. Putin ha respinto al mittente anche le lamentele delle vittime dei mutui ipotecari in valuta, ridotti alla fame sia dall'aumento dei tassi sia dalla svalutazione del rublo. Il giorno dopo il premier Medvedev ha bocciato pure le richieste degli studenti che chiedevano abbonamenti ridotti sui mezzi pubblici: “Devono guadagnarsi da vivere, lo stato non li manterrà”.
[**Video_box_2**]Il Cremlino non crede più a Babbo Natale e chiede al suo popolo di diventare adulto, responsabile e intraprendente. Vuole russi saggi, moderati, efficienti e autosufficienti, pronti a districarsi tra le burocrazie, a ricorrere ai tribunali, conoscere le leggi, comprendere i contratti e fare progetti senza contare sull'aiuto di nessuno. Santa madre Russia chiede ai suoi figli di pensare a se stessi, di fare scelte consapevoli e pagare per i propri errori. Un liberismo economico e sociale sfrenato che rompe la tradizione del paternalismo e del welfare totale ereditato dall'Urss, e chiede al “popolo” – come viene ancora tradizionalmente chiamato – di diventare una società di cittadini adulti. Una rivoluzione del paradigma millenario russo, se non fosse che i russi, poi, finiscono per diventare liberisti soltanto quando si tratta di provvedere ai loro bisogni materiali. In politica è bene che rimangano “figli” dello stato, che si dissetino dal pozzo della propaganda e si astengano dalle proteste. Gli stessi funzionari che quasi con disprezzo spiegano ai cittadini che devono imparare a risolvere da soli i loro problemi, promuovono l'abolizione delle elezioni ormai perfino a livello municipale per paura della “ingerenza dei servizi segreti occidentali nel processo elettorale” – come teme Andrey Mikhailov, sindaco di Berdsk, centomila anime nella regione di Novosibirsk. Il sogno impossibile di ogni zar: un popolo che non chiede altro che un cucciolo in regalo.
L'editoriale dell'elefantino