Cimiteri e chiese profanati, è la quotidiana cristianofobia francese
Roma. Lo scorso 15 aprile, sono state devastate più di duecento tombe del cimitero cattolico di Saint-Roch, a Castres, paese di quarantamila abitanti nel dipartimento del Tarn (regione del Midi-Pirenei). Crocifissi e statue divelti e distrutti, lapidi infrante, iscrizioni strappate; nessuna tomba è stata scoperchiata, però, a differenza di quanto è accaduto in altre occasioni. Due giorni dopo è stato identificato il responsabile: un ragazzo di ventun anni con problemi psichici. Un finale triste ma, a suo modo, capace di indurre un gran sospiro di sollievo.
O forse no. Perché sono tanti ormai, in Francia, i luoghi di culto e i cimiteri cristiani profanati. Troppi, per pensare sempre a squilibrati o a balordi che si improvvisano vandali per passare il tempo. Nel 2014, secondo i dati del ministero dell’Interno francese, sono stati complessivamente censiti 807 attentati a luoghi di culto e a sepolture, e in 673 casi si è trattato di siti cristiani. In particolare, su 216 profanazioni di cimiteri, 206 riguardano quelli cristiani, e su 591 attacchi a luoghi di culto, quelli cristiani riguardano 467 casi. Prima di Castres, era toccato a sei piccoli cimiteri del Bessin, ma si viaggia ormai su una media di due episodi al giorno. Eppure, anche dopo i sanguinosi attentati di gennaio a Charlie Hebdo e all’Hyper Cacher, a tenere banco nelle cronache d’Oltralpe è stato a lungo il tema della “islamofobia”. Il Collectif contre l’islamophobie en France (Ccif), pur criticato dal premier Manuel Valls, da esponenti della gauche come Gilles Kepel e da commentatori autorevoli come Pascal Bruckner e Alain Finkielkraut, continua indefesso a lanciare allarmi su “atti islamofobi”, dati puntualmente in crescita ma che non risultano quasi mai dettagliati (ne ha parlato Mauro Zanon sul Foglio del 18 febbraio).
A essere palesemente in crescita sono invece gli atti ostili contro luoghi cristiani. Stavolta, dopo l’attacco al cimitero di Castres e prima di sapere chi fosse il responsabile, si era sentito in dovere di intervenire il presidente François Hollande, che aveva condannato la devastazione “con la massima fermezza” parlando per la prima volta di offesa a “tombe cristiane”: un modo di fare ammenda – si chiede il Figaro nella pagina dedicata ieri alle “profanazioni invisibili” sofferte dai luoghi cristiani di Francia – perché in precedenza il governo è rimasto “piuttosto silenzioso quando la fede cristiana è oggetto di insulti”, a differenza di quanto avviene nei casi riguardanti cimiteri ebraici e musulmani?
A questo proposito, il ministero dell’Interno dà in crescita anche le profanazioni dei luoghi israeliti: nel 2014, sessantuno sinagoghe, un centro comunitario, sei cimiteri e due monumenti sono stati oggetto di vandalismi, nel 2013 i casi erano stati ventisei Controtendenza, invece, per i siti musulmani: sessanta quelli colpiti nel corso del 2014, mentre nel 2013 erano stati settantacinque.
[**Video_box_2**]Nella sua inchiesta sul Figaro, la giornalista Stéphane Kovacs raccoglie le dichiarazioni di vari parroci che spiegano come l’emozione che fa seguito a ogni episodio di profanazione sia di breve durata, mentre prevale la tendenza a minimizzare da parte delle autorità municipali e della polizia. Che cosa saranno mai un po’ di ostie buttare per terra o rubate? si è sentita rispondere la Kovacs da parte di funzionari comunali e gendarmi contattati in giro per la Francia. Lo scorso 18 febbraio, un uomo è entrato nella basilica di Saint-Nicolas di Nantes e ha abbattuto un grande crocifisso per poi orinarci sopra. Sopreso dal sacrestano durante l’impresa, è riuscito a scappare. La procura di Nantes ha però fatto sapere che non si tratta di profanazione, perché non sono state lasciate “né scritte né dichiarazioni” (sic). L’idea, scrive la Kovacs, è che tutti hanno altro da fare piuttosto che “occuparsi di un tipo che ha pisciato in una chiesa”. Ma nella basilica si commenta tristemente che se fosse successo al Corano quello che è toccato al Crocifisso, le conseguenze sarebbero state diverse.
L'editoriale dell'elefantino