A Baltimora va a fuoco il modello sociale progressista, tutto burocrazia e sussidi. L'Europa prenda appunti
New York. Il coprifuoco imposto dalle autorità a Baltimora ha placato per il momento gli scontri e i saccheggi che hanno infiammato la città dopo il funerale di Freddie Gray, il ragazzo morto per una gravissima lesione alla spina dorsale dopo essere stato preso in custodia dalla polizia. L’esplosione della violenza è stata immediatamente collocata nel cielo degli scontri razziali che negli ultimi mesi hanno punteggiato l’America, da Ferguson a Staten Island fino a Cleveland e Charleston, storie di poliziotti bianchi che si accaniscono su giovani disarmati delle periferie nere, con conseguente rivitalizzazione di uno scontro che ha origini nella storia irrisolta della segregazione. Il riflesso condizionato che impone di gettare ogni episodio di violenza nel calderone del razzismo è comprensibile, ma si rischia di confondere la correlazione con la causalità, errore classico nella lettura dei fenomeni sociali.
Baltimora non è Ferguson. Non è una periferia segregata dominata dal potere bianco, è una città che una volta era la sesta più popolosa degli Stati Uniti con tutti gli attriti dell’èra postindustriale e una chimica sociale infiammabile, guidata saldamente per quarant’anni dal Partito democratico. Il sindaco è una giovane donna afroamericana, che in questi giorni è stata molto criticata da sinistra per aver usato troppo spesso la parola “thug”, che sta per malvivente, teppista, delinquente. Ha usato quel termine, e non un più simpatetico “manifestante”, per qualificare i protagonisti degli scontri. Baltimora è uno degli esperimenti urbani democratici che sono cresciuti in America negli ultimi decenni, e il modello ha alcuni tratti comuni, dall’estensione del settore pubblico sotto la rigida supervisione dei sindacati, alla riduzione delle forze di polizia, fino alla moltiplicazione degli strati burocratici che hanno creato un clima inospitale per le aziende che vogliono crescere e fare affari.
[**Video_box_2**]All’origine del “blue-city model”, come lo chiama il Wall Street Journal, c’è una concezione centralista dell’amministrazione che secondo il quotidiano conservatore tende a generare tre conseguenze sociali fra loro correlate: “Alto tasso di criminalità, crescita economica lenta e collasso del sistema delle scuole pubbliche, che si trasforma in un serbatoio di posti di lavoro per insegnanti invece che in un luogo d’insegnamento”. A questo va aggiunta la crescita smisurata dell’edilizia popolare, politica che porta voti a sinistra ma crea sacche periferiche di criminalità, disoccupazione e povertà contrastata a suon di sussidi, situazione alla quale spesso si sovrappone il tema razziale. Non è una storia estranea all’Europa delle banlieue e dei campi nomadi in periferia. Il quartiere dove è stato arrestato Freddie Gray è abitato al 96 per cento da neri e ha un tasso di disoccupazione del 21 per cento, quasi il triplo della media della città, che a sua volta è superiore a quella dello stato del Maryland. Le circostanze della morte del ragazzo vanno stabilite in modo imparziale, e il contesto non fornisce giustificazioni né attenuanti nel caso specifico. Ma in questi giorni nelle strade di Baltimora quello che sta andando a fuoco è il modello sociale progressista.
Dalle piazze ai palazzi