Nel voto inglese conta più un tweet di Murdoch che l'urlo del Sun
Londra. Raccontano che già a febbraio Rupert Murdoch sia andato negli uffici londinesi del Sun a strigliare i caporedattori per non essere stati abbastanza aggressivi nei confronti di Ed Miliband, e che abbia fatto lo stesso con il Times e il Sunday Times. Non avendo un candidato per il quale entusiasmarsi, alle elezioni inglesi il magnate australiano ha incanalato la sua energia nella distruzione dell’avversario: “Ci siamo incontrati solo una volta per due minuti e mi hai messo in imbarazzo con la tua piaggeria sfacciata”, ha scritto Murdoch su Twitter. Miliband l’ha sfidato in tutti i modi, ha promesso di mettere un tetto alla concentrazione dei media e ora la paga cara. E sebbene la questione fiscale pesi molto, qui in ballo non ci sono destra o sinistra. Lo dimostra il passato endorsement a Tony Blair e il fatto che, anche in queste elezioni noiose, l’84enne Rupert ha trovato qualcuno a cui interessarsi e l’ha trovato a sinistra: Nicola Sturgeon, leader dello Scottish national party, tipica donna pestifera di quelle che piacciono a lui, l’unica capace di “clerverly hurting”, di “ferire in maniera astuta”, l’inviso Ed. Dal 1979 Murdoch fa il kingmaker delle elezioni britanniche, ma questa volta deve stare calmo o rischia di rovinare tutto, perché dopo lo scandalo dell’hacking e di Milly Dowler, la ragazzina uccisa a cui i tabloid di casa Murdoch ascoltavano la segreteria telefonica, la chiusura di News of the World, i processi nei confronti della sua plenipotenziaria Rebekah Brooks, i messaggini di quest’ultima a Cameron – “Yes we Cam”, per citare il meno imbarazzante –, un suo endorsement troppo sfacciato sarebbe un bacio della morte. Così il profilo Twitter di Murdoch si riempie di prese di distanza e di attacchi contro il Labour: “Ed Miliband si chiede chi risponderà a Downing Street quando chiamerò. Stai tranquillo! Non ci sono mai stato se non invitato, e comunque mai negli ultimi sei anni”.
Ma cosa devono fare i poveri caporedattori più che soprannominare il leader del Labour “Two Kitchens Ed” e vestirlo come un personaggio di Downton Abbey, accusarlo di aver perso i dibattiti televisivi anche quando è andato bene, dedicargli prime pagine feroci come quella sul suo incontro con Russell Brand e prendere fuori contesto frasi di ogni candidato del Labour? Il problema è anche che Ed di solito tira fuori il meglio quando fa il ragazzo tutto d’un pezzo e non cede davanti alle pressioni, e quindi l’atteggiamento di Murdoch potrebbe essere controproducente. Per distruggere Miliband e tenere in piedi i Tory così opachi ma tanto utili, la soluzione allora è sostenere la Sturgeon, l’unica a non essere “fuori contatto con il paese”, come già il suo predecessore Alex Salmond.
[**Video_box_2**]Cinque anni fa c’era la rossa Rebekah che metteva il fiato sul collo a Cameron con messaggini tipo: “Sto tifando così tanto per te non solo in quanto amica personale, ma anche perché professionalmente ci siamo dentro insieme”; prima c’era Blair, prima ancora c’erano John Major e l’inevitabile sostegno a Margaret Thatcher. Ma il mondo è cambiato e i media ancora di più. Il Daily Mail è un colosso online laddove il Times e il Sun perdono terreno, ma Murdoch continua a muoversi: negli scorsi giorni ha incontrato Silvio Berlusconi per parlare di nuove partnership in Italia (l’incontro è stato confermato dal figlio di Berlusconi, Pier Silvio, sui temi trattati circolano solo indiscrezioni). Ma in campo elettorale, Murdoch ha capito che ormai un suo tweet è più influente di una sua prima pagina, e la sua scommessa migliore è quella di aver richiamato Rebekah Brooks per mettere a punto un “business digitale” di cui ancora non si sa nulla. Le vecchie testate potrebbero non avere più la potenza di fuoco del passato, ma Murdoch ha in serbo sorprese per i candidati del futuro.
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