Accorrete, siete tutti invitati al Grand Bazaar di Londra
Milano. L’Election day della Gran Bretagna è stato celebrato sul web, perché le regole impongono alle televisioni e alle radio di sospendere ogni copertura politica che possa influenzare il voto – occupatevi di altro, del tempo magari, dice lo statuto della Bbc – ma sulla rete si può fare un po’ quel che si vuole, e ieri buona parte dell’attività dei team dei candidati alle elezioni è stata quella di gestire il traffico online. Così mentre ci si perdeva a guardare le foto legate all’hashtag #JeSuisEd – persone che mangiano panini in modo scomposto per dare sostegno a Ed Miliband, leader del Labour immortalato in uno scatto infelice che lo ha perseguitato per tutta la campagna – o a commentare i vestiti delle mogli dei candidati premier, la giornata è passata registrando avanzamenti, soprattutto in campo liberaldemocratico, molte turbolenze di mercato, e aspettando di passare dritti dritti dalla campagna elettorale al “bazaar”, come l’ha definito il Financial Times. Oggi iniziano i negoziati per raggiungere la maggioranza parlamentare necessaria per governare, e la prima a essere stata chiamata in causa è stata la Regina: secondo il Times, Elisabetta II terrà il discorso che prepara la legislatura il 27 maggio, poi sottoposto a votazione, anche se per allora non si sarà arrivati a un accordo, pure se alcuni nel campo conservatore (il premier resta il Tory David Cameron, fino a che non cede formalmente l’incarico in caso di sconfitta o di impossibilità di raggiungere una maggioranza alla Camera dei Comuni) avevano suggerito di spostare la data in caso di impasse. Lavoreremo insieme al primo ministro, fanno sapere fonti legate alla Casa reale, ma il controllo del bazaar da parte della Regina è ora sulla bocca di tutti.
Gli sherpa dei negoziati sono stati già individuati e preparati, c’è chi sostiene che alcuni patti siano stati siglati, soprattutto quello possibile con i Lib-Dem di Nick Clegg, vicepremier che già si tormentò nel 2010 tra laburisti e conservatori (scelse, come si sa, i secondi) e che da qualche giorno va dicendo di poter essere anche questa volta un kingmaker. David Laws e Danny Alexander sono i due negoziatori liberaldemocratici, anche loro già forgiati dall’esperienza di cinque anni fa, che per ora lasciano trapelare una formula semplice: staremo con il partito con la maggioranza relativa. Il team laburista corteggia tutti tranne gli scozzesi dell’Snp, che pure sarebbero il bottino più ghiotto, e anche se Miliband è stato molto riservato sui suoi negoziatori è probabile che ci saranno Lord Adonis, pure se fallì le trattative del 2010, e soprattutto Lord Falconer, che condivideva l’appartamento negli anni Settanta con Tony Blair. I conservatori invece, che hanno un lavoro durissimo per il prossimo mese – il test finale è all’inizio di giugno, quando si vota il Queen’s Speech, il programma preparato dal governo: Labour e Snp hanno detto che voteranno comunque contro Cameron – vanno sul sicuro con il “troubleshooter” Oliver Letwin e con il cancelliere dello Scacchiere George Osborne, che passerà anche da Bruxelles per discutere del tema cruciale della tornata elettorale: la disunione, quella interna con la Scozia, quella esterna con l’Ue.