Doppia missione libica
Roma. Domenica l’esercito di Tobruk ha bombardato un mercantile turco nelle acque internazionali davanti alla costa della Libia, prima con l’artiglieria e poi con l’intervento di un aereo, uccidendo un ufficiale di bordo. L’esercito risponde al governo di Tobruk, quello riconosciuto a livello internazionale – da distinguersi da quello di Tripoli, a trazione islamista.
Tobruk considera la Turchia un paese ostile e complice, assieme al Qatar, del governo rivale nella guerra civile che sta distruggendo il paese. Dice un parlamentare locale all’agenzia Afp: “L’aereo che ha bombardato aveva intimato più volte alla nave di allontanarsi dalla costa, ma l’avvertimento è stato ignorato. Quel cargo stava trasportando armi verso il porto di Derna, per consegnarle ai jihadisti”, che in effetti come è noto occupano quella città sulla costa libica un centinaio di chilometri più a ovest e ne hanno fatto la loro capitale. I dati satellitari dicono che la nave era davanti a Derna. Il governo di Ankara sostiene invece che il mercantile era ancora in acque internazionali a 24 km dalla costa, che stava facendo rotta verso Tobruk e che trasportava un carico innocente, gesso caricato in Spagna.
La questione – e anche la sorte del cargo – non è stata ancora chiarita in via definitiva, ma si capisce che gli sponsor esterni dei due schieramenti libici, tra cui la Turchia e l’Egitto, non sono ancora arrivati a un compromesso sulla sorte del paese.
In questi giorni l’Italia è coinvolta in due piani differenti che prevedono entrambi e presto un intervento militare in Libia o vicino alla Libia. Uno è quello proposto dall’Unione europea e già illustrato sui media per colpire le imbarcazioni degli scafisti prima che siano usate per trasportare persone attraverso il Mediterraneo. Ieri l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione, Federica Mogherini, ne ha parlato alle Nazioni Unite, e ha spiegato che “situazioni straordinarie richiedono misure straordinarie”. Il governo britannico del neo rieletto David Cameron sta preparando una bozza di mandato da sottoporre all’approvazione delle Nazioni Unite.
Il secondo piano di intervento militare in Libia è quello in via di preparazione da parte di un gruppo di paesi arabi che fanno capo al tandem Egitto e Arabia Saudita. Il 18 maggio al Cairo ci sarà un incontro discreto tra “personale militare di alto livello” di questo fronte che include Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Emirati arabi uniti, Kuwait, Bahrein, Sudan e Libia (governo di Tobruk, s’intende), per discutere un piano di intervento militare che prevede anche truppe di terra dentro la Libia, secondo il giornalista Awad Mustafa che scrive da Abu Dhabi per il sito Defensenews.
Questo intervento militare sarebbe diretto contro il governo di Tripoli – non quindi, almeno in una prima fase, contro lo Stato islamico in Libia –, e sarebbe più invasivo delle operazioni aeree in corso sullo Yemen in queste settimane contro la presenza dei ribelli Houthi. Anche nel caso della Libia i gruppi jihadisti potrebbero approfittare del caos e della violenza, almeno fino a quando non uscisse un chiaro vincitore.
[**Video_box_2**]L’operazione – di cui è necessario parlare al condizionale – segnerebbe una svolta nella storia recente dei paesi arabi (una svolta di cui si legge molto sui siti specializzati in politica estera): nascerebbe in via definitiva la cosiddetta “Nato del Golfo”, un cartello militare di regni sunniti e governi alleati che non aspetta più l’aiuto e l’approvazione americana ma interviene direttamente per proteggere o avanzare i suoi interessi. In questo piano arabo l’Italia dovrebbe fornire appoggio navale e la Francia un aiuto logistico e le forze speciali.
La scorsa settimana il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, ha incontrato il re saudita Salman per la terza volta nei suoi primi cento giorni di regno – giudicati dagli osservatori “molto attivi”. I due hanno discusso di sicurezza comune nell’area araba. A fine maggio è prevista una grande conferenza di 150 capi tribù libici, di nuovo al Cairo, per assicurare un robusto appoggio locale all’operazione di terra che passerà per le loro zone. Alla di fine aprile gli Emirati arabi uniti avrebbero consegnato cinque elicotteri da guerra di fabbricazione russa all’esercito di Tobruk.