Cosa dice la bozza del piano Mogherini per l'immigrazione: la parte militare
Roma. E’ uscita la bozza del piano per l’immigrazione proposto dal capo della diplomazia europea, Federica Mogherini, così come è stata discussa all’incontro di due giorni fa tra i commissari europei a Bruxelles. Il piano è stato scritto e sarà eseguito sotto la guida – e la responsabilità – del governo italiano e potrebbe diventare realtà fra sei settimane – dopo il summit europeo del 27 giugno. Prevede anche la possibilità concreta di un intervento militare di terra in Libia, come trapelato due giorni fa, che comunque sarebbe limitato. Di questa opzione “boots on the ground” europei per ora si parla poco anche per non innervosire Russia e Cina, che sono disposte a non porre il loro veto in Consiglio di sicurezza alla risoluzione che autorizzerà eventualmente la lotta europea contro gli scafisti. Mosca e Pechino tuttavia non vogliono vedere (eufemismo) una replica del 2011, quando la risoluzione del Consiglio di sicurezza numero 1973 aprì la porta a una guerra senza quartiere contro il rais libico Muammar Gheddafi, fino alla sua fine.
La bozza Mogherini prevede quattro fasi per la parte militare e la durata di un anno, almeno così come è stata pubblicata da due giornalisti del Wall Street Journal. Nella fase uno gli stati europei che partecipano devono creare un sistema di condivisione di quelle informazioni d’intelligence che riguardano le organizzazioni del traffico di persone, e questo include anche le immagini satellitari e altre informazioni da fonti non meglio specificate. Questa sorveglianza potrebbe spostarsi anche sulla costa e sul territorio della Libia.
La fase due è l’intercettazione dei barconi in alto mare e la loro cattura, se si riuscirà a trovare una copertura legale adeguata (ovvero la risposta alla domanda: in base a quale autorità una nave può fermare e prendere un’altra nave?). In questa fase l’Unione europea sarà obbligata a garantire il transito verso la terraferma delle persone che erano a bordo dei barconi intercettati, scafisti esclusi, e non potranno essere costrette a tornare indietro. Questa missione per bloccare i barconi in mare dovrà lavorare a stretto contatto con la missione Triton. Se ci sarà una risoluzione grazie al Capitolo sette della Carta Onu, oppure se il governo della Libia inviterà le forze europee, allora queste intercettazioni potrebbero avvenire anche dentro le acque territoriali della Libia. Per ora i due governi libici non hanno la minima intenzione di autorizzare queste operazioni, ma Mogherini venerdì scorso si è detta “ottimista”. Il Piano A per dare copertura legale alle intercettazioni in mare resta il Capitolo sette della Carta delle Nazioni Unite, che riguarda le azioni contro le minacce alla pace e contro le aggressioni.
La fase tre, sempre che ci sia la risoluzione delle Nazioni Unite, è quella che colpisce il “modello d’affari” degli scafisti: prevede l’individuazione, la cattura e la distruzione delle barche; l’imposizione di navi e aerei lungo la costa per pattugliamenti che dovrebbero servire da deterrente contro i trafficanti; la distruzione, nei porti o all’ancora, delle imbarcazioni usate dagli scafisti e anche degli altri asset, come per esempio i depositi di carburante e i punti d’imbarco (in questa fase sarebbero usate le forze speciali, come già si è detto sui media, inclusi gli incursori italiani).
[**Video_box_2**]La fase quattro prevede il rallentamento delle operazioni, una volta che il traffico di imbarcazioni si sia ridotto – perché a quel punto dovrebbe essere diventato antieconomico procurarsi una barca, o noleggiarla, perché va incontro alla distruzione. La fase quattro chiede anche che ci sia un “controllo sufficiente” della costa libica, idealmente sotto un nuovo governo di unità nazionale per la Libia.
Il primo punto che si nota nella bozza è che la presenza di soldati europei in Libia è considerata possibile, anzi è consigliata “se si raggiungerà un accordo con le autorità” e questo contraddice la prudenza usata finora, almeno nei termini. Il secondo punto è che questa bozza cerca esplicitamente l’aiuto della Nato, che dovrebbe convertire la sua missione antiterrorismo in mare, Active Endeavour, all’intercettazione degli scafi. Infine, la bozza parla dei rischi: ci potrebbero essere ritorsioni dal territorio libico contro le rotte internazionali delle navi e degli aerei, e si riconosce che le truppe si dovranno muovere in un ambiente ostile e potrebbero essere prese di mira da attacchi terroristici. La bozza nota anche la necessità di mettersi d’accordo con i governi dei paesi vicini, per evitare che gli scafisti si limitino a spostare altrove le rotte d’attraversamento.