La zietta in allarme
Milano. La chiamano “guerra alla Bbc”, in buona parte si tratta di un regolamento di conti che ha ancora a che fare con la campagna elettorale britannica, ma che la “zietta” del Regno Unito, come è chiamata la tv pubblica, dovrà essere riformata lo sostengono più o meno tutti: se questo avverrà con i capelli dritti o no dipenderà molto da un signore di nome John Whittingdale. La sua nomina al ministero della Cultura ha messo tutti in allarme: è un ex consigliere di Margaret Thatcher, questo taglia tutto, dicono molti, a cominciare dal canone che è al centro della prima fase di riforma del broadcaster e che molti conservatori vorrebbero ridurre se non eliminare. Whittingdale è un thatcheriano attivo, ha a lungo lavorato al Conservative Way Forward, il gruppo di pressione all’interno del Partito conservatore di cui la stessa Lady di ferro è stata presidente. Ma quel che conta è che il neoministro è molto esperto del settore, ha ricoperto il ruolo di ministro della Cultura ombra nei primi anni Duemila e nel 2005 è diventato presidente del Chairman of the Culture, Media and Sport Select Committee, l’organo della Camera dei Comuni che negli ultimi anni si è occupato dello scandalo degli hackeraggi perpetrati dal gruppo di Rupert Murdoch: fu proprio lui a chiedere e ottenere che sia l’anziano tycoon sia il figlio James si presentassero ai Comuni a testimoniare, nonostante avesse legami di amicizia con molti dirigenti del gruppo. La commissione Cultura ha presentato tre mesi fa un report sulla Bbc: per Whittingdale il canone di 203,30 euro è come una “poll tax”, ma nella sua visione l’eliminazione avverrà non prima di dieci anni, non nella nuova definizione della Charter della Bbc prevista per il 2016.
E’ certamente vero che molti conservatori vorrebbero l’eliminazione del canone a partire da subito, e alcuni di loro già vanno dicendo che la Bbc può frignare quanto vuole, ma questa “imposta sui cittadini” finirà presto. Lo scontro è feroce perché i Tory sostengono che i giornalisti della Bbc hanno avuto un pregiudizio positivo nei confronti del Labour prima del voto. Tim Baldwin, portavoce del Partito laburista, ha detto ieri che molti giornalisti della Bbc gli hanno raccontato di essere stati “minacciati” dai Tory se non avessero cambiato toni nei confronti dei laburisti (nota: durante il suo unico discorso di politica estera alla Chatham House a fine aprile, l’ex leader Ed Miliband aveva messo la Bbc tra gli strumenti di “soft power” utili per governare il mondo). Ma anche i giornali di sinistra, come il magazine New Statesman, sono disposti ad ammettere che pur essendo Whittingdale un liberista, non è tra i più falchi del partito sulla questione del canone. La Bbc, con i suoi nove canali tv, sedici stazioni radio e un sito trafficatissimo, è editorialmente indipendente dallo stato, ma riceve come finanziamento pubblico 5,1 miliardi di euro su un budget annuale di 6,9 miliardi. Il report prodotto dalla commissione Cultura tre mesi fa – quindi dal neoministro, anche se ancora nessuno lo sapeva – diceva al governo di “non affrettarsi in cambiamenti troppo profondi” e concludeva dicendo che il canone per alcuni anni resterà ancora l’unica opzione realistica di ricavo, anche se i conservatori in coro vogliono almeno modificare le pene a chi non lo paga (oggi si va in galera, anche). Poi l’autofinanziamento potrà diventare volontario, sostiene il report, anche se il punto importante per il futuro non riguarda soltanto il canone ma anche come trasformare la zietta in un contesto molto competitivo. L’avversione di Whittingdale nei cofronti della zietta è stata “spesso comicamente sopravvalutata”, scrive Alex Spence su Politico.eu, ma è probabile che la Bbc uscirà molto cambiata dai prossimi cinque anni di governo tutto blu (finora c’era stata la cautela dettata dalla presenza dei liberaldemocratici al governo). Secondo Whittingdale, l’offerta della Bbc dovrebbe concentrarsi “su aree contenutistiche più piccole”, quelle in cui eccelle: “L’idea di produrre qualcosa per tutti è diventata più fragile – disse il neoministro presentando il report – a causa della grande possibilità di scelta presente in tutto il mercato”. E’ una questione che riguarda le tv, pubbliche e private, di tutto il mondo, ma c’è già chi è pronto a fare la guerra: gli inglesi ti perdoneranno tutto, ministro Whittingdale, ma non l’eliminazione di “The voice”.