A Parigi direttori e azionisti si chiedono: a che ora è la fine del Monde?
Parigi. Per il Monde, il quotidiano dell’establishment francese, doveva essere il direttore della riconciliazione e della svolta, colui che avrebbe contenuto le mattane degli azionisti, quel trio stravagante e bizzoso formato da Pierre Bergé, Xavier Niel e Matthieu Pigasse, e allo stesso tempo messo fine alla crisi di leadership e identità che affligge il giornale dal 2010. E invece, contro ogni attesa, la candidatura di Jérôme Fenoglio alla direzione del Monde è stata respinta dai 400 giornalisti chiamati a votare per la promozione dell’attuale numero due del quotidiano parigino. “La redazione scarta il candidato degli azionisti”, titola la stampa francese. “Fenog”, così lo chiamano i colleghi, ha raccolto il 55 per cento dei consensi, cinque in meno del quorum, fissato a 60, che gli avrebbe permesso di prendere le redini del giornale nel quale lavora dal 1991. Alla sua mancata elezione, si è aggiunta giovedì in serata la notizia delle dimissioni del direttore Gilles van Kote, che assicurava l’interim dal 2014, da quando cioè si era arrestata la sfortunata e burrascosa parentesi di Natalie Nougayrède, prima donna a dirigere il Monde. “La decisione (degli azionisti del giornale, ndr) di non prendere in considerazione la mia candidatura al ruolo di direttore, seguita mercoledì dal voto della Société des rédacteurs du Monde che ha rigettato la candidatura di Jérôme Fenoglio, mi hanno spinto a rassegnare le dimissioni dalla funzione di direttore del giornale, membro del direttorio del gruppo Le Monde”, ha scritto Van Kote in un messaggio indirizzato alla redazione.
Ma riavvolgiamo il nastro. Un mese fa, il trio Bnp (Bergé-Niel-Pigasse) aveva trovato tutti impreparati quando aveva proposto Fenoglio come candidato alla direzione, dato che il suo nome non era presente nella rosa dei “candidati dichiarati”, dai quali esce ogni volta il futuro direttore del Monde. Tra i candidati che avevano depositato il loro dossier c’erano Christophe Ayad, caposervizio agli Esteri insignito del prestigioso premio Albert Londres nel 2004, Jean Birnbaum, responsabile dell’inserto culturale Monde des Livres, e lo stesso Gilles van Kote, che nella lettera rivolta alla redazione aveva sottolineato di voler “rafforzare” il ruolo del Monde “come giornale di riferimento, mettendo il digitale al centro della sua organizzazione”. Ma i tre azionisti avevano comunque deciso di imporre la candidatura di Fenoglio, nonostante quest’ultimo non si fosse fatto avanti, convinti che il suo profilo di stakanovista, umile e conciliante, potesse mettere d’accordo tutti. Niente da fare invece. I giornalisti del quotidiano dell’establishment goscista hanno visto nella scelta del trio Bnp la volontà di mettere un direttore “debole”, malleabile, che non creasse troppi problemi con gli affari e non li imbarazzasse con gli amici, difficilmente in grado di alzare la voce e battere i pugni sul tavolo qualora venisse meno il sacro principio dell’indipendenza tra giornalisti e azionisti che da sempre è alla base del Monde. Tutto il contrario, insomma, del carismatico Birnbaum, che fra i tre “candidati dichiarati” era il più quotato e il più apprezzato dalla redazione. Non da Pierre Bergé, che ha più volte criticato la linea editoriale dell’inserto letterario guidato dal giornalista quarantenne, raggiungendo l’apice quando ha dato del “connard”, dello stronzo, al critico letterario Éric Chevillard, colpevole di non aver incensato l’amico e premio Nobel Patrick Modiano.
[**Video_box_2**]Fenoglio è sbarcato al Monde dalla porta laterale. Ha iniziato infatti, nel 1991, nella redazione sportiva, decisamente periferica nel giornale fondato nel 1944 per volontà di De Gaulle (il Monde sarà l’”officieux de la République”, disse il generale). Poi si è fatto le ossa nelle redazioni Société e Science, prima di dirigere il Monde.fr dal 2011 al 2013. Per ora, nonostante il rifiuto della redazione, resta il candidato degli azionisti. Alain Beuve-Méry, presidente della Société des Redacteuts du Monde, ha dichiarato che per il Monde “si tratta dell’inizio di una crisi di governance, di una crisi di sistema, qualcosa di totalmente inedito”.