Hollande e ministro Istruzione Vallaud-Belkacem visitano un collegio a Les Mureaux (foto LaPresse)

A Parigi l'Attila della scuola meritocratica è la ministra Belkacem

Mauro Zanon
Il sussulto contro il progetto di riforma della Belkacem ha preso anche una forte dimensione politica, con i neogollisti dell’Ump in prima linea

Parigi. Inizialmente sono stati liquidati come un gruppetto di romantici passatisti che dalla Sorbona fino all’Académie française lottavano anacronisticamente per la salvaguardia del latino e del greco. Rumorosi ma isolati, marginali, irrilevanti, commentavano dalle parti di rue de Grenelle, sede del ministero dell’Istruzione francese. Poi però in Francia la fronda degli oppositori alla riforma scolastica della ministra Najat Vallaud-Belkacem si è ispessita ed è diventata più virulenta, quando è emerso che dal 2016 le classi bilingue saranno soppresse e i programmi di storia stravolti per essere in sintonia con la retorica goscista dell’“égalité” e del “vivre-ensemble”: studio dell’islam obbligatorio, Medioevo cristiano e Lumi facoltativi. E ora il sussulto contro il progetto di riforma della Belkacem ha preso anche una forte dimensione politica, con i neogollisti dell’Ump in prima linea. E’ “un naufragio per il nostro paese”, ha detto Bruno Le Maire, portabandiera della rivolta dell’Ump, che assieme ad altri duecentoventidue deputati della destra e del centro ha inviato la scorsa settimana una lettera al presidente François Hollande per chiedere il ritiro immediato della riforma. E’ “senza dubbio la più odiosa della lunga lista di riforme inutili che abbiamo conosciuto negli ultimi tre anni”, ha attaccato Sarkozy, puntando il dito contro la “stupida compiacenza” della ministra Belkacem nei confronti degli allievi.

 

Ma piaccia o no a Belkacem e ai progressisti di Libération – martedì giunto in soccorso della ministra con una prima pagina tutta per lei e la domanda “E se avesse ragione?” – non c’è solo la destra e qualche “pericoloso reazionario” a criticare i suoi piani ideologici per la scuola. E’ in corso un dibattito in seno alla gauche, tra i difensori dell’eccellenza e della meritocrazia repubblicana e coloro i quali spacciano per moderna una concezione della scuola egualitarista, ferocemente antielitista, trattando tutti quelli che la pensano diversamente come retrogradi.

 

Tra gli “pseudo-intellettuali”, così la titolare dell’Istruzione ha apostrofato con disprezzo tutti gli oppositori della sua riforma, figurano pensatori di spicco della gauche francese: Régis Debray, scagliatosi contro la “scuola Nutella”, lassista, che mette al bando lo “sforzo repubblicano”, e Pierre Nora, secondo cui la riforma è “l’espressione di una Francia stanca di essere sé stessa, di un paese che non sa dove va perché non sa da dove viene”. A questi si aggiungono il fondatore di Sos Racisme, Julien Dray – “la neolingua tecnocratica della riforma va abbandonata” – e l’ex ministro della Cultura Jack Lang, avverso alla volontà di “decapitare le classi europee”.

 

[**Video_box_2**]“Su questa riforma, la gauche è palesemente spaccata in due campi”, ha detto a Libé Maya Akkari del think thank socialista Terra Nova. Da una parte i “repubblicani”, i difensori del merito come priorità, dell’uguaglianza dei punti di partenza e non dei punti di arrivo, dall’altra i “progressisti”, i paladini dell’egalité, Belkacem e discepoli appunto, che vogliono livellare tutti gli allievi, spuntando le eccellenze, sbianchettando le differenze, nell’utopia dell’“excellence pour tous” che porta invece alla “mediocrité pour tous”. La critica più velenosa è arrivata dall’accademico di Francia Jean d’Ormesson, che sul Figaro del weekend ha pubblicato una requisitoria contro gli “Attila” dell’educazione, che vogliono fare tabula rasa del patrimonio millenario della Francia. “M. me Najat Vallaud-Belkacem”, ha scritto d’Ormession,  “è per la cultura e la letteratura di questo paese un Terminator seducente, una sirena maliarda dalla quale bisogna allontanarsi il più velocemente possibile, una specie di Attila sorridente dietro la quale le praterie verdi della memoria storica non rispunteranno più”.

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