Finalmente il Sudafrica ha il primo candidato nero all'opposizione
Roma. “Nessun partito può pretendere di governare questo paese in eterno, per diritto divino”. Mmusi Maimane, 34 anni, ha lanciato così la sua sfida all’African National Congress, diventando il primo leader nero della Democratic Alliance, e ponendo con forza la causa dell’alternanza democratica in Sudafrica. Che comincia poi a essere legata anche alla credibilità stessa del Sudafrica come “motore” economico e politico del continente.
Figlio di padre tswana e madre xhosa, Mmusi Maimane è nato nel 1980 a Soweto, il quartiere di Johannesburg culla storica della lotta all’apartheid. Aveva solo 14 anni quando Nelson Mandela divenne presidente, ma ha fatto lo stesso in tempo a partecipare all’epopea anti razzista, scontrandosi con la polizia quando aveva appena 9 anni. A quell’epoca i neri in Sudafrica non votavano, e l’antenato della Democratic Alliance era un partito di liberali bianchi anti apartheid. Fortemente appoggiato dal colosso minerario Anglo American-De Beers, quel partito ebbe un ruolo di mediazione importantissimo nel processo di transizione. Eppure, nel 1994, alle prime elezioni multirazziali, il partito si era ridotto ai minimi termini: 1,73 per cento dei voti, 7 seggi su 400. Antirazzista ma dai membri esclusivamente bianchi, agli occhi degli elettori era una formazione senza identità.
Eppure nel corso degli anni è stato il vecchio National Party di Frederik de Klerk a scomparire. Mentre l’African National Congress diventava forza di governo eterna, la Democratic Alliance riusciva a conquistare fette crescenti di elettorato, rafforzandosi come principale forza di opposizione. Helene Zille, segretaria della Democratic Alliance dal 2007 fino a domenica scorsa, è dal 2009 primo ministro della provincia del Capo occidentale, dopo essere stata nei tre anni precedenti sindaco di Città del Capo. Ma il 22,23 per cento dei voti e gli 89 deputati conquistati alle elezioni del 7 maggio 2014 sono ancora lontanissimi dal 65,9 dell’Anc che possiede 249 seggi. Anche la Zille era convinta che il partito non sarebbe mai potuto arrivare al governo nazionale con un segretario bianco, e nel 2013 aveva candidato alla leadership Mamphela Ramphele (compagna di Steve Biko, il leader del Black Consciousness Movement ritratto nel famoso film “Grido di libertà”). La storica eroina della lotta anti apartheid, però, era più un’imprenditrice che una politica, e l’operazione fu fallimentare. Anche Mmuso Maimane, in qualche modo, era stato candidato per ragioni di opportunità razziale. Ma è giovane, ha due lauree e un master, e quando corse per la poltrona di sindaco a Johannesburg, nel 2011, guidò il partito a un buon 34,6 per cento. Fustigatore degli sprechi del Mondiale e di quelli del presidente Zuma, appare come una versione più tranquilla e moderata di Julius Malema. Ex leader dei giovani dell’African National Congress, Malema, dopo essere stato cacciato ha fondato un nuovo partito, l’Economic Freedom Fighters, e adesso è il principale oppositore populista di sinistra.
[**Video_box_2**]Oltre alla crisi economica, il Sudafrica deve fare i conti anche con un’ondata di xenofobia contro gli immigrati che ha portato vari paesi africani a protestare. C’è un senso di generale delusione per il “tradimento” dei “fratelli” la cui lotta contro il razzismo era stata così caldamente appoggiata. Nel caso della Nigeria, che è arrivata a richiamare l’ambasciatore, vi si unisce una sempre più marcata rivalità tra i due paesi per la leadership del continente. Ma la stessa Nigeria, con le ultime elezioni, è riuscita a esibire al mondo il ricambio al potere tra Goodluck Jonathan e Muhammadu Buhari: un’alternanza democratica del resto non unica in Africa, visti i precedenti come il Senegal, il Kenya o lo Zambia.