Surplus per legge, stato fuori dalle banche. La nuova agenda Osborne
Milano. Basta con gli irresponsabili, che siano nelle banche o siano al governo: è ora di finirla. Dal palco della Mansion House, residenza ufficiale del sindaco di Londra in cui ogni anno si tiene il discorso sullo stato dell’economia britannica rivolto alla City, il governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, ha dato l’assalto ai banchieri irresponsabili, mentre il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, l’ha dato ai politici che pensano di poter governare senza stare attenti al deficit e al debito. Forti di un’economia che cresce e lo fa creando lavoro, le istituzioni inglesi ora pensano a creare le premesse di una rivoluzione cui i Tory ambiscono da sempre, ma che negli ultimi cinque anni era rimasta annacquata dalla coabitazione nell’esecutivo con i liberaldemocratici. Con gli occhi ancora luccicanti per la vittoria elettorale di più di un mese fa, Osborne ha spiegato alla platea della Mansion House che il suo compito oggi “non è fare le cose facili, ma fare le cose giuste”, e tra queste ci sono una legge che obblighi l’esecutivo a governare in surplus e la privatizzazione delle banche che erano state nazionalizzate dopo lo choc finanziario del 2008.
Sulla prima questione, quella del debito, il cancelliere dello Scacchiere si gioca, come ha scritto il Financial Times, la sua legacy, quel che resterà di lui e di questo decennio conservatore nella cultura economica e sociale del Regno Unito. Nonostante abbia promesso di ridurre il deficit del paese già nel primo mandato, Osborne non si è mosso poi con troppa fretta: certo, stiamo sempre parlando di progressi che in altri paesi non si sono mai visti – il deficit è stato dimezzato – ma rispetto alla soglia zero auspicata nel 2010 c’è ancora parecchio da fare. E oggi Osborne, sul modello di Svezia, Canada e Australia, paesi che hanno saputo gestire la crisi economica senza eccessivi tracolli, vuole introdurre un surplus per legge, che vale naturalmente soltanto “in condizioni economiche normali” (cioè di fronte a un altro choc, o a una recessione, viene a cadere). E’ una promessa che Osborne fa prima di tutto a se stesso, riabilitando il “Committee on debt” dell’età vittoriana che era stato costituito per rimettere a posto i conti britannici dopo le guerre napoleoniche e che non si riunisce più da centocinquanta anni. “Sono convinto che questo nuovo accordo – ha detto Osborne – sulla responsabilità nelle finanze pubbliche otterrà oggi un grande sostegno. Con il debito insostenibilmente alto e con l’incertezza di quel che l’economia mondiale ci porterà negli anni a venire, dobbiamo aggiustare il tetto ora che splende il sole”. Con una finanza pubblica solida, la sicurezza economica è garantita.
[**Video_box_2**]Da ora il cancelliere dello Scacchiere inizia anche a privatizzare le banche che erano state “salvate” con la nazionalizzazione nel 2008. Si parte con la Royal Bank of Scotland (Rbs), la banca simbolo dell’emergenza post crisi, la più grande del paese con un bilancio che allora era superiore al pil del Regno Unito, nella quale lo stato oggi ha una partecipazione che vale 32 miliardi di sterline: il momento non è giusto, secondo le regole del mercato, perché ci sarà una perdita netta di 7 miliardi di sterline per i contribuenti se le azioni saranno vendute ai prezzi correnti, ma Osborne, sostenuto da Carney, ha detto che il processo deve iniziare, il tempismo non sarà perfetto, ma il segnale deve essere chiaro. “Sì, avremo un prezzo più basso di quello che il Labour pagò per la nazionalizzazione – ha detto Osborne – ma più aspettiamo più si alzerà il prezzo che l’economia nel suo complesso dovrà pagare”. E gli esperti del settore sono convinti che, nel medio periodo (la privatizzazione dovrà essere completata entro le prossime elezioni, nel 2020), il processo virtuoso dello stato fuori dalle banche contribuirà a rendere l’operazione vantaggiosa.
L'editoriale dell'elefantino