I curdi siriani vincono a Tal Abyad, tutti gli altri sono scontenti
Roma. Ieri una forza mista formata in maggioranza da combattenti curdi dello Ypg, l’ala militare del partito curdo siriano (legato al Pkk), e dall’Fsa, l’esercito siriano libero, ha conquistato la città di Tal Abyad, che era in mano allo Stato islamico dal 2013. Tal Abyad è uno dei punti di passaggio sul lungo confine tra Siria e Turchia e la sua perdita è un colpo duro per i baghdadisti – perché era la via più breve tra Raqqa, che assieme a Mosul è una una delle due capitali di fatto dello Stato islamico, e il confine turco. Il checkpoint che sorveglia il confine è chiuso e sorvegliato dall’esercito turco, ma i traffici illeciti di persone e greggio avvenivano nei paraggi – ora perduti assieme alla città. Tanto per capire: quando lo Stato islamico decideva di liberare ostaggi, i negoziatori aspettavano il loro arrivo dal lato turco del checkpoint di Tal Abyad.
Si tratta di un colpo duro perché ora l’avanzata di questa forza mista Ypg/Fsa minaccia di scendere da nord – attraversando un breve tratto di pianura siriana spoglio e senza ostacoli naturali – fino alle porte di Raqqa. Se a gennaio lo Stato islamico era ancora sul punto di inghiottire il cantone di Kobane, ultimo scampolo di territorio curdo sempre sul confine ma più a est, ora la situazione si è rovesciata. Si rivede di nuovo la bandiera dell’esercito libero, che – dice un comandante contattato dal Washington Post – ora sta chiamando direttamente gli americani per passare le coordinate da dare ai piloti che bombardano lo Stato islamico. Si tratta di una novità assoluta e di un balzo in avanti nella collaborazione tra siriani del Fsa e Stati Uniti – che dopo quattro anni di guerra aveva preso ormai un sapore illusorio e patetico, come di una promessa sempre sul punto di essere mantenuta e sempre rinviata.
La conquista di Tal Abyad e la vista della bandiera a tre stelle del Fsa sono un film dell’orrore per il governo siriano, che sulla narrativa “L’occidente deve scegliere se stare con noi oppure con lo Stato islamico” sta provando a costruire le sue chance di lunga durata. In realtà, dal punto di vista militare Damasco non sta dimostrando di poter strappare territorio ai baghdadisti, anzi, lo cede, come è successo di recente a Palmyra, con relativo accompagnamento di esecuzioni efferate e violenze. Lo stesso si teme potrebbe accadere nella vicina città di Deir Ezzor, ormai assediata da tutti i lati e a cui si accede (e da cui si scappa) soltanto in aereo dalle piste in mano ancora all’esercito del governo. Se a questo si aggiunge la notizia che gli Stati Uniti stanno collaborando – anche se soltanto dal punto di vista tattico, con copertura aerea – con l’esercito libero, allora la caduta di Tal Abyad suona come una cattiva notizia per Damasco. Non è di utilità alcuna, anzi è controproducente. tanto valeva restasse in mano ad Abu Bakr al Baghdadi. E’ il gioco dei fattori della guerra siriana, in cui non è detto che il governo centrale festeggi la sconfitta di un protagonista pericoloso e brutale su al nord, in un posto lontano che ormai non controllava più da tanto tempo.
[**Video_box_2**]Anche il governo turco non è dell’umore giusto per festeggiare. Lo Ypg è pur sempre una diretta emanazione del Pkk, con cui c’è una guerra infinita in corso – anche se adesso è un conflitto sospeso, forse in via di risoluzione. Vedere i jet americani coordinarsi con lo Ypg, pimpante più che mai, e i curdi avanzare lungo tutto l’altro della frontiera, è un fattore di nervosimo per Ankara – come scrive senza giri di parole l’agenzia Associated Press. E contro l’avanzata dello Ypg sono anche una quindicina di grandi gruppi anti Assad, che fin da ora stanno accusando i curdi di “pulizia etnica” contro gli arabi. I curdi hanno preso con loro i combattenti arabi dell’Fsa per scongiurare tali accuse, ma non basta. In Siria quella che suona come una buona notizia per un lato del fronte è a volte una cattiva notizia per gli altri dieci, venti, cento lati.