Cosa rischia il comico saudita che ha preso in giro il califfo
Qualche giorno fa un ex funzionario del dipartimento di stato americano, Michael Rubin, è intervenuto sulla rivista statunitense American Interest e ha detto che la satira è tra le armi più potenti per rispondere alla teatralità sanguinaria dei video propagandistici dello Stato islamico. Proprio ieri il canale al Furqan, usato dall’Is per diffondere i suoi messaggi video, ha messo online uno dei filmati più efferati, in cui si mostrano le esecuzioni di alcuni prigionieri accusati di essere delle spie. Alcuni sono stati uccisi rinchiudendoli in una gabbia calata lentamente in una piscina; altri facendo detonare una corda cinta attorno al collo delle vittime, facendogli saltare in aria la testa. Anche se diversi esperti e analisti ricordano che lo Stato islamico è solito diffondere questi video nel momento in cui sul terreno i miliziani sono in difficoltà, il problema di trovare una contro-propaganda adeguata resta (secondo lo stesso dipartimento di stato americano, intanto, la battaglia contro gli integralisti sui social network è già stata persa). Una tale efferatezza, ha spiegato Rubin, necessita di una risposta forte da parte della società, soprattutto di quella araba, principale bacino da cui i jihadisti attingono nuovi arruolati. E la satira, ha spiegato l’alto funzionario americano, può essere tanto efficace nelle menti dei potenziali seguaci del califfo quanto può esserlo, sul campo di battaglia, il reclutamento di milizie sciite o curde.
Questa settimana in Arabia Saudita sta facendo clamore una serie televisiva che si intitola “Selfie”, episodi umoristici della durata di 45 minuti ciascuno. La stella del cast è Nasser al Qasabi, un comico molto famoso nel paese. Nella prima puntata della serie si racconta la storia di un uomo che lavora nell’industria musicale e decide di abbandonare la propria carriera per diventare un religioso. La storia diventa così un’occasione per parodiare quella parte del clero che nel mondo islamico è per un’interpretazione conservatrice del Corano, al punto da difendere tesi considerate obsolete, se non addirittura ridicole, dai più progressisti. Al termine della prima puntata al Qasabi è stato subito inondato di tweet minacciosi postati da mullah e altri religiosi. “Al Qasabi prende in giro il clero musulmano. Potrebbe fare lo stesso anche con quello sciita? Sono persone come lui la ragione della diffusione dell’estremismo e del radicalismo”, è stato il tweet indirizzato da un religioso sunnita. Pur non essendo il primo caso di satira contro il clero islamico, la parodia di Al Qasabi ha avuto un seguito notevole tra gli spettatori. L’avanzata del Califfato e la diffusione dell’estremismo hanno accelerato il dibattito tra riformisti e conservatori nelle società arabe. La serie tv “Selfie” dà voce a quel pubblico favorevole alla riforma islamica di cui tanto si parla in tutto il mondo arabo e che è diventata un punto essenziale anche del presidente egiziano Abdel Fattah el Sisi.
Un episodio della serie tv 'Selfie'
Nella seconda puntata di “Selfie”, Al Qasabi prende di mira lo Stato islamico, con una storia comica di un padre che arriva in Siria alla ricerca del proprio figlio forse arruolatosi tra i jihadisti e che incontra diversi gruppi di estremisti che declamano in continuazione gli slogan del Califfato. L’uomo si spaccia per un combattente ma finisce con l’aderire lui stesso ai seguaci del califfo. Al Qasabi racconta così le esecuzioni, le decapitazioni, le torture e il sesso con le schiave praticato dai combattenti dello Stato islamico, ma lo fa in chiave comica, irridendo le loro aberrazioni. L’episodio finisce in modo drammatico e commovente, con il padre che viene ucciso dai miliziani perché si rifiuta di prendere parte a un’operazione suicida.
[**Video_box_2**]Dalle prime puntate della serie, il profilo Twitter di Al Qasabi è stato inondato di commenti e il pubblico si è diviso: c’è chi lo celebra per il coraggio dimostrato nell’esporsi e irridere gli estremisti; altri, invece, lo hanno già minacciato di morte, accusandolo di apostasia. Tra questi ci sono molti seguaci del califfo. “I Mujahideen non avranno pace finché non ti staccheranno la testa dal corpo”, dicono alcuni messaggi lanciati sotto l’hashtag #SlaughterNasserAlQasabi (“fare a pezzi Nasser al Qasabi). “Dio è il mio protettore e il mio lavoro con ‘Selfie’ è il mio jihad contro coloro che pensano di combattere il vero jihad”, ha risposto il comico su Twitter.