In Francia i militanti antirazzisti ora hanno il potere di rilasciare patenti di circolazione a scrittori e giornalisti
Diciassettesima sezione del tribunale penale di Parigi. Processo per “incitamento all’odio”. L’imputato non è un imam fondamentalista o un neonazista, ma uno scrittore e giornalista elegantemente vestito nel suo completo blu scuro e cravatta color prugna. Giovedì è iniziato il processo a Eric Zemmour, che il 6 maggio 2014 disse che “le grandi invasioni dopo la caduta di Roma sono sostituite da bande di ceceni, zingari, kosovari, africani”. Zemmour si è difeso in aula. “Questo è un processo politico. Il mio lavoro è quello di dire la verità. Non sono un assistente sociale”. L’avvocato, Olivier Pardo, ha detto che Zemmour “ha ripetuto i dati dell’Osservatorio nazionale della delinquenza. Volete vietare a un giornalista di descrivere il reale, di diffondere informazioni fornite da un ente statale? Questo va oltre la libertà di espressione, è illibertà di informazione”.
Le parti civili al processo contro Zemmour, cinque in tutto, sono capeggiate dal Movimento contro il razzismo e per l’amicizia fra i popoli (Mrap). Aveva una storia nobile il Mrap. Sorse durante la Resistenza per salvare gli ebrei, soprattutto bambini, attraverso i legami con le chiese. Oggi il Mrap si occupa quasi esclusivamente di reati di opinione, trascinando in tribunale scrittori e giornalisti. Tanto che l’ex presidente, Alain Calles, ha accusato l’organizzazione di “aver abbandonato la lotta contro il razzismo e i princìpi che ne costituivano la spina dorsale, sviluppando il concetto di ‘islamofobia’ che ha aperto la strada al settarismo”. Con l’aggravante che il Mrap, dallo scorso ottobre, è anche un partner ufficiale del ministero della Pubblica Istruzione.
[**Video_box_2**]“Siamo contro qualsiasi autodafé, né proponiamo una nuova inquisizione”, aveva detto il presidente del Mrap, l’agerino Mouloud Aounit, nelle stesse ore in cui paragonava Robert Redeker, il professore di Filosofia minacciato di morte per un articolo sull’islam, nientemeno che a Osama bin Laden. Una caccia alle streghe. Il Mrap ha denunciato per razzismo il quotidiano France Soir per “islamofobia”. Poi è riuscito a far processare Oriana Fallaci per il libro “La rabbia e l’orgoglio” (fu assolta), definendolo “un libro abietto dove calunnia e volgarità si mescolano al disprezzo”. Quasi fosse un potere degli antirazzisti militanti concedere libertà di circolazione solo a idee o a parole che si ritengono giuste e tollerabili. Anche Alain Finkielkraut è stato denunciato dal Mrap per istigazione all’odio. Stessa sorte per il docente di storia Louis Chagnon. Sciagurato fu il giorno in cui, in aula disse che il Profeta dell’islam fece giustiziare gli ebrei. Risultato: denuncia del Mrap per “istigazione all’odio”, mentre nel frattempo gli antirazzisti lanciavano la campagna “Vivre ensemble libres, égaux et solidaires” con i movimenti islamisti. Il Mrap cerca di far vietare ai prefetti le conferenze di Farida Belghoul, animatrice della campagna anti gender nelle scuole. Fu sempre il Mrap a imbastire il processo contro lo scrittore Michel Houellebecq (assolto).
In molti casi, l’accusa di razzismo decade nel ridicolo. In altri resta addosso agli “imputati” come pece. Basta il sospetto a renderli impubblicabili.