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Israele perde gli investitori e le chiese d'America. Colpa del boicottaggio

Giulio Meotti
Anche le ong cattoliche ostili allo stato ebraico. Un rapporto, stilato dalla United Nations Conference on Trade and Development, rivela che lo scorso anno sono stati investiti soltanto cinque miliardi e settecento milioni di euro, contro i dieci miliardi e mezzo del 2013.

Roma. Israele ha perso metà degli investimenti stranieri nel 2014, a causa della guerra di Gaza e del crescente boicottaggio internazionale. Un rapporto, stilato dalla United Nations Conference on Trade and Development, rivela che lo scorso anno sono stati investiti soltanto cinque miliardi e settecento milioni di euro, contro i dieci miliardi e mezzo del 2013. Ronny Manos, uno degli autori del rapporto, ha detto che il boicottaggio contro Israele è “una delle cause principali del declino economico”. Alcuni giorni fa, il gigante norvegese delle assicurazioni Klp Forvaltning, che vale settanta miliardi di euro, ha disinvestito da due multinazionali presenti in Israele, la messicana Cemex e la tedesca Heidelberg Cement. In controtendenza, da ieri, col voto del Congresso, le aziende europee che boicottano Israele avranno vita dura negli Stati Uniti.

 

Martedì sera è arrivato lo storico voto per il boicottaggio di Israele da parte della United Church of Christ, una delle più grandi denominazioni protestanti d’America, la chiesa d’origine del presidente Obama (è la chiesa del pastore Jeremiah Wright). La chiesa ha approvato il disinvestimento dalle “aziende che traggono profitto dall’occupazione israeliana”. I delegati hanno votato 508-124 per il boicottaggio. Il reverendo John Deckenback, che ha presentato la risoluzione, l’ha giustificato nello “spirito di amore per israeliani e palestinesi”. “Immorale” è stato il commento sul voto del ministero degli Esteri di Gerusalemme. Altre due chiese - la Chiesa Episcopale e la Chiesa Mennonita – questa settimana discutono misure di disinvestimento contro Israele.

 

Un anno fa era stata la chiesa presbiteriana, una delle più ricche d’America, a disinvestire da Caterpillar, Hewlett-Packard e Motorola perché “complici dell’occupazione”. E ha persino suggerito di bandire la parola “Israele” dalle sue preghiere. La United Methodist Church ha venduto le azioni dell’azienda G4S, che lavora con l’apparato di sicurezza d’Israele. Poi è stata la volta della Evangelical Lutheran Church in America, che ha approvato la politica “Peace, not walls”, per evitare di investire in aziende legate alla sicurezza di Israele. La United Methodist General Board of Church & Society ha votato per il boicottaggio della Sodastream, azienda israeliana leader nel trattamento dell’acqua e che aveva la “colpa” di avere una fabbrica nell’insediamento di Mishor Adumim. Stabilimento poi chiuso a causa del boicottaggio.

 

[**Video_box_2**]Ma non ci sono soltanto le chiese protestanti. Dietro la recente decisione della compagnia francese di telefonia Orange di lasciare Israele c’è il rapporto di una ong cattolica, il Comité catholique contre la faim et pour le développement. L’associazione che monitora il boicottaggio d’Israele, Ngo Monitor, ha pubblicato un rapporto dal titolo “Catholic Aid Societies and Political Campaigns Directed at Israel”, rivelando la presenza di ong cattoliche dietro a molte campagne antisraeliane. Lungo è l’elenco: Agency for Overseas Development (Inghilterra), Cordaid (Olanda), Pax Cristi, Caritas, Secours Catholique (Francia), Trócaire (Irlanda), Catholic Relief Services (Stati Uniti), Development and Peace (Canada), Broederlijk Delen (Belgio) e Misereor (Germania). Trócaire, ad esempio, è l’agenzia umanitaria dei vescovi irlandesi e non esita a parlare di “nakba”, l’espressione dell’irredentismo arabo per indicare la “catastrofe” della creazione di Israele.

 

Dopo il voto della United Church of Christ è arrivato il commento, durissimo, di importanti leader cristiani d’America. Come il reverendo Wesley Shaw della chiesa pentecostale: “La percezione del mondo da parte della United Church of Christ rappresenta esattamente ciò che ha fatto la Germania nazista durante la Shoah”. Oltre agli investimenti stranieri, Israele sta perdendo anche l’appoggio di pezzi importanti della cristianità occidentale. Per dirla con il maggiore giornale israeliano Yedioth Ahronoth, “si boicotta Israele nel nome di Gesù”. E va da sé che gli israeliani diventino Erode.
 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.